La richiesta di caffè di alta qualità è in aumento in tutto il mondo, con margini di crescita piuttosto importanti, in un contesto dove la domanda generale di caffè cresce ogni anno del 2%. Questa maggiore domanda è determinata anche dalla consapevolezza da parte del consumatore che l’esperienza sensoriale di una tazza di caffè è dovuta ai molti aspetti e ai numerosi passaggi lungo la lavorazione del prodotto. Dalla genetica, al terroir, fino ai metodi di lavorazione, ognuno di questi aspetti determina una particolare connotazione ed un profilo organolettico ben preciso. È solo con la tostatura del chicco però che riusciamo a far emergere in pieno (o distruggere del tutto ovviamente) le sue caratteristiche intrinseche e la sua complessità. L’entità della rilevanza che hanno alcuni dei parametri chiave nel controllo della tostatura sulle proprietà sensoriali della nostra bevanda risultante è fondamentale per comprendere appieno la differenziazione del prodotto.
Un approccio sistematico alla modulazione della tostatura può guidarci con profitto però, solo se affianchiamo questi esperimenti con un approccio scientifico alla valutazione sensoriale. Di seguito proporremo i risultati di un ampio studio di ricerca pubblicato di recente e condotto da Coffeemind assieme al Dipartimento di scienze alimentari dell’Università di Copenaghen e la Specialty Coffee Association. Lo studio si concentra sul colore finale del caffè tostato per garantire costanza e qualità durante la formulazione dei profili di tostatura e può essere scaricato per intero qui dal sito mdpi.com/journal/beverages
Trovare un linguaggio comune
Per prima cosa, diamo un’occhiata al concetto di grado di tostatura nel caffè, cioè ciò che ne determina il colore finale. Si può determinare il grado di tostatura a occhio o, preferibilmente, utilizzando uno strumento preciso come un colorimetro che attraverso la rifrazione della luce ci fornisce un valore numerico specifico. Non potremo fornire lo stesso prodotto tostato ai nostri clienti se non otteniamo un grado di tostatura finale costante. Avere uno strumento di misurazione ci aiuta ad essere sicuramente più precisi.
La differenza negli stili di tostatura che si possono trovare oggi sul mercato non ha però ancora creato un linguaggio comune che possa mettere d’accordo l’intero settore sui parametri di tostatura più rilevanti per il loro impatto sul sapore finale in tazza. Ci si riferisce spesso alla tostatura con dei termini vaghi come chiara, medio o scura senza però dare delle indicazioni più precise in merito a come si arrivi a questo risultato e come lo si possa misurare. Negli Stati Uniti si è provato ad arrivare a delle definizioni più precise usando termini come City, Full City e French Roast ma senza chiarire di preciso a cosa corrispondano. Dobbiamo invece iniziare a parlare di grado di tostatura in modo più obiettivo. Può essere utile in questo senso rifarsi allo standard di tostatura della SCA che mette in relazione tra di loro diverse misurazioni.
Un punto di accordo e un riferimento preciso sembra esserci comunque per tutti: è il cosiddetto “primo crack”. Questo fenomeno ben udibile e difficilmente confondibile si verifica quando la pressione accumulata all’interno del chicco provoca l’espulsione del vapore, insieme ad altri composti aromatici volatili, emettendo un leggero scoppio; appunto un “crack”. Questo passaggio annuncia l’inizio di una fase che chiamiamo “tempo di sviluppo” (development time) o semplicemente “caramellizzazione” che rappresenta la parte finale della tostatura ed è comunemente utilizzata come parametro per determinare il grado di tostatura e di conseguenza la formazione degli aromi.

I parametri di tostatura
Il concetto del grado di tostatura ha un’elevata correlazione con la temperatura finale. Ciò significa che la temperatura finale può essere utilizzata come un indicatore per determinare quando terminare la tostatura. Tuttavia, dobbiamo presumere che tutti gli altri parametri di controllo della tostatura, inclusi la temperatura di carica, il flusso d’aria, l’energia in ingresso, la dimensione del lotto e le condizioni ambientali rimangano costanti se vogliamo usarlo come strumento utile.

Il colore della tostatura è un effetto delle reazioni di imbrunimento non enzimatiche che si verificano durante il processo di tostatura. Queste reazioni di Maillard sono il risultato di molecole che si scontrano l’una nell’altra e innescano ulteriori catene di reazioni chimiche tra gli amminoacidi e gli zuccheri. Durante questo processo, nuovi composti come le melanoidine conferiscono un determinato colore alla tostatura. La velocità di queste reazioni aumenta con temperature più elevate. Questo spiega perché la temperatura è un buon indicatore per riuscire a raggiungere un determinato colore finale e controllare le reazioni di imbrunimento all’interno del chicco, supponendo che tutto il resto rimanga invariato.
L’altro fattore importante che dobbiamo considerare è il tempo. Più tempo permettiamo al caffè di svilupparsi, più possiamo aspettarci che si verifichino reazioni chimiche di imbrunimento. Se provassimo a mantenere costante la temperatura di uscita, variano il tempo di sviluppo dal primo crack, otterremo risultati in termini di colore finale molto diversi, con conseguente risultato diverso in tazza.
Di conseguenza il parametro della temperatura deve essere sempre relazionato a quello del tempo. Tempo e temperatura regolano la quantità e la velocità delle reazioni di imbrunimento durante il processo di tostatura. Ciò significa che se aumentiamo un parametro dobbiamo diminuire l’altro, o viceversa, per raggiungere lo stesso colore finale. Senza dimenticare che se tostiamo più lotti le condizioni ambientali interne ed esterne cambieranno, costringendoci a rivedere costantemente questi due parametri nel corso della giornata. Avere un controllo sul colore finale diventa quindi di cruciale importanza se vogliamo avere un prodotto realmente costante. Seguire sempre lo stesso profilo può risultare fuorviante, dal momento che inevitabilmente le condizioni ambientali cambieranno.

L’impatto a livello sensoriale
Dallo studio in questione, sviluppatosi in 6 anni analizzando più di 18,500 dati di riferimento, è emerso che il grado di tostatura rappresenta oltre l’80% della variazione totale delle proprietà sensoriali in un caffè. Di conseguenza mentre entrambi i parametri di tempo e temperatura influiscono in modo significativo, è il colore finale più di ogni altro a determinare il sapore finale e lo sviluppo degli aromi in un caffè. I risultati indicano inoltre che, a parità di colore di tostatura, la variazione del tempo dopo il primo crack ha un impatto molto più significativo rispetto a tutto ciò che accade prima. Cosa significa tutto questo? Che la priorità per mantenere una costanza a livello organolettico di un caffè è in primo luogo il suo colore finale e successivamente il tempo di sviluppo.
Se tutto questo può sembrarvi banale (ma vi posso assicurare che non sono molte le torrefazioni ad avere un controllo sul tempo di sviluppo e il colore finale), dalla ricerca sono emersi anche alcuni risultati sorprendenti. Ad esempio, il livello di corposità non è stato influenzato in modo significativo dalla modulazione del tempo di sviluppo. Questo è interessante, poiché sfata la credenza popolare che collega la reazione di Maillard e la caramellizzazione con l’aumento della sensazione tattile in bocca. Un altro risultato sorprendente è stato che, a differenza dell’amaro, l’intensità del retrogusto è risultata essere meno percepibile all’allungarsi del tempo di tostatura sia prima che dopo il crack.
L’effetto del tempo di tostatura sui restanti attributi sensoriali è stato meno sorprendente. In particolare, si è riscontrato che con l’aumentare del tempo di tostatura, diminuisce l’intensità del fruttato, così come l’acidità. L’attributo “pane tostato” è stato significativamente associato a un tempo di sviluppo più lungo. Ciò è in linea con la formazione di composti aromatici volatili come il maltolo (simile al caramello), difurfuril etere (sentore di tostato) e la piridina (responsabile del bruciato) durante il tempo di sviluppo dopo il primo crack. Da quest’ultimo aspetto si può concludere che il difetto definito baked o “lesso” risulta determinato da un tempo di sviluppo troppo prolungato e caratterizzato da intense note di pan tostato o crosta di pane. I risultati della meta-analisi consentono di concludere con maggiore sicurezza che è il tempo di sviluppo, e non il tempo al primo crack, ad essere associato a questo difetto di tostatura.

La ricerca ha smentito la credenza popolare che un maggior sviluppo porti a un aumento del corpo e ha ridimensionato l’importanza delle fasi che precedono il “primo crack”
Conclusioni
Sebbene questi risultati possano non essere del tutto sorprendenti per molti torrefattori o esperti del settore, la scoperta interessante è che la variazione del tempi di tostatura dopo il primo crack, a parità di colore finale, ha un’incidenza importante sul sapore del caffè. La ricerca fornisce anche un quadro pratico per gli operatori del settore per comprendere meglio come la relazione tra il colore della tostatura e il tempo si fondamentale per il sapore. Questa indagine stabilisce una solida base scientifica per dare la priorità al colore, seguito a ruota dal tempo di sviluppo, rispetto alle altre fasi di tostatura. Non esiste una bacchetta magica nell’identificazione dei composti aromatici derivati dalla curva di tostatura, tuttavia, fattori come l’accelerazione o Rate of Rise (ROR), sebbene siano importanti, finiscono in secondo piano nella scala di priorità per lo sviluppo del prodotto e nelle procedure di controllo qualità.
Di sicuro questi risultati aiuteranno a fornire una bussola basata sull’evidenza per navigare in sicurezza all’interno delle complessità della tostatura e della valutazione sensoriale. Se ci concentriamo su parametri più importanti (ovvero che hanno il maggiore impatto a livello sensoriale) nel controllo della tostatura, piuttosto che sui derivati secondari che potrebbero non produrre conseguenze rilevanti, ci concediamo più tempo per attività che possano aiutarci a implementare lo sviluppo del prodotto ed esplorare le preferenze dei nostri clienti.
fonte Roast Magazine