Scienza

Speciale “i mestieri del caffè” | La decaffeinizzazione

Proseguiamo gli speciali dedicati alle diverse figure professionali all’interno della filiera del caffè parlando del processo di decaffeinizzazizone

Spesso quando si parla di caffè decaffeinato si tende a considerarlo un prodotto di serie B, di scarsa qualità e comunque non paragonabile a un caffè intero. Vale invece il principio che si applica ogni volta si parli di qualità: se la materia prima è di alta qualità lo sarà anche qualsiasi altra lavorazione fatta correttamente mentre se la materia prima è di scarsa qualità, in nessun modo potremmo avere un prodotto finale superlativo. Il caffè da sempre quello che riceve, consideriamola una regola generale. Molte sono anche le credenze popolari che riguardano il caffè decaffeinato, alcune riguardano la qualità del prodotto, altre ne riguardano la salubrità. Cercheremo qui di fare chiarezza tra questi luoghi comuni e dimostrarvi che, seppure nessun metodo di decaffeinizzazione possa essere selettivo al 100% esclusivamente per la caffeina, esistono metodi e solventi diversi tra loro con una resa finale altrettanto diversa.

Un sacco di caffè decaffeinato


Origini della decaffeinizzazione


Il primo a isolare chimicamente la caffeina fu il chimico tedesco Friedlieb Ferdinand Runge. Pochi sanno però che questa scoperta si deve in buona parte allo scrittore Johann Wolfgang Von Goethe, suo amico e consigliere. Fu quest’ultimo infatti a consegnare alcuni chicchi di caffè al chimico in modo da poterli analizzare avendo condiviso con entusiasmo le sue recenti indagini sulla pianta Atropa belladonna isolando il composto chimico che provocava la dilatazione dei muscoli oculari. Questi studi hanno permesso diversi anni dopo ad un altro chimico, Hermann Emil Fischer di sintetizzare la caffeina dagli altri composti, scoperta che gli valse il proemio Nobel nel 1902.
Fu un altro tedesco, Ludwig Roselius, ad avviare il primo impianto di decaffeinizzazione. Si dice che la scoperta fu del tutto casuale. Sembrerebbe infatti che durante il trasporto una partita di caffè sia stata sommersa dall’acqua causando una parziale rimozione della caffeina, senza però compromettere del tutto le proprietà del caffè. Roselius quindi elaborò un sistema industriale per rimuovere la caffeina attraverso la vaporizzazione e l’utilizzo di diversi acidi prima di arrivare al benzene, con cui avviò i primi impianti fondando la Kaffee HAG (Handels Aktien Gesellschaft) nel 1906 a Brema. Il benzene risultò però essere un prodotto nocivo per la salute, così ci fu la necessità di sviluppare altri metodi che utilizzassero solventi in grado di separare la caffeina dal caffè verde senza creare danni alla salute.



Magazzino di caffè da Demus a Trieste


I metodi di decaffeinizzazione


Gran parte delle tecniche dei primi giorni di decaffeinizzazione vengono ancora utilizzate oggi. Il processo tuttavia non è così semplice come ci si potrebbe aspettare e richiede un processo industriale. La lavorazione viene eseguita sul prodotto crudo da aziende specializzate di cui ne esistono una decina in tutto il mondo e ben 3 in Italia. “L’aspetto più critico di questa attività è il fatto di rappresentare un mercato di nicchia, circa il 7-8% in termini di consumo” dice Massimiliano Fabian, amministratore delegato di Demus SpA, uno degli impianti di decaffeinizzazione presenti sul nostro territorio “e al tempo stesso utilizzare una tecnologia che richiede investimenti e aggiornamenti costanti, tutt’altro che banali.” Le diverse fasi di lavorazione che portano al prodotto finale sono simili tra di loro, a differenziare i metodi è la sostanza estraente utilizzata.

Un impianto industriale


Questi i solventi utilizzati:

  • ACQUA – solvente naturale per eccellenza ma poco selettivo per la caffeina, di conseguenza la lavorazione risulta piuttosto costosa e complessa. Risulta essere allo stesso tempo il primo utilizzato e quello che gode di milgior immagine dal punto di vista commerciale.
  • ACETATO DI ETILE – etere che deriva dall’acido acetico e risulta naturalmente presente in molta frutta. È molto selettivo per la caffeina ma risulta altamente infiammabile oltre ad alterare leggermente il profilo organolettico originale del caffè di partenza
  • ANIDRIDE CARBONICA – allo stadio supercritico richiede pressione e temperature molto alte, che possono essere abbassate notevolmente se utilizzata allo stato liquido, andando a quel punto però ad allungare molto le tempistiche
  • DICLOROMETANO – tra i primi ad essere utilizzato per rimuovere la caffeina a livello industriale, risulta molto selettivo nei confronti della caffiena ed estremamente volatile, rendendone più semplice quindi la sua eliminazione



Profili di tostatura


L’errore che da torrefattori non bisogna commettere nell’approcciare un caffè decaffeinato è trattarlo alla stregua di un caffè verde intero. Il processo di decaffeinizzazione per quanto possa essere selettivo altera inevitabilmente la struttura del chicco, di conseguenza il profilo di tostatura non potrà essere quello che utilizziamo normalmente ma dovremo trovarne uno dedicato. “Al termine del processo i chicchi saranno più fragili a seguito del gonfiaggio iniziale, di conseguenza il modo in cui verrà trasferito il calore all’interno delle cellule risulterà differente”, commenta Giovanni Bortoli, panel leader di DemusLab, laboratorio di analisi e ricerca all’interno di Demus SpA. “La temperatura di carico – prosegue Bortoli – dovrebbe essere di diversi gradi più bassa data la struttura più fragile del chicco e la fase dopo il primo crack risulta ancora più critica. Il rischio che si corre è accelerare troppo la tostatura con il rischio di perdere la componente aromatica aumentando amarezza e sentore di tostato.”
Altro aspetto critico nel tostare un decaffeinato sarà rappresentato dal colore finale. Dal momento che la superficie di decaffeinato crudo risulterà più scura, l’occhio può essere tratto in inganno. Quindi non temete se al termine della tostatura la superficie del chicco risulterà molto scura e aiutatevi attraverso l’utilizzo di un colorimetro per determinare il corretto grado di tostatura per il vostro caffè. “La parte più stimolante della nostra attività”, prosegue Fabian, “è il costante aggiornamento tecnologico che ci permette di ottimizzare la gestione del nostro lavoro e ci stimola a conoscere la materia prima che trattiamo sempre più in profondità. Questo ci ha permesso di diversificare molto la nostra offerta negli anni e fornire un prezioso supporto ai nostri clienti”
Da oggi in poi spero possiate guardare al decaffeinato non come a un “prodotto di serie B”, ma come un modo per non rinunciare al piacere di un ottimo caffè senza dover pregiudicare le vostre ore si sonno!