La definizione di “specialty coffee” è apparsa per la prima volta nel 1974 sulla rivista americana ‘Tea & Coffee Trade Journal’ e fu coniata dalla torrefattrice Erna Knutsen per indicare un caffè di elevata qualità. Per determinare se un caffè sia “specialty” o meno è necessario che ogni tappa dell’intera filiera produttiva rispetti alti standard qualitativi: dalla raccolta alla lavorazione in piantagione, dal processo di tostatura fino alla preparazione in tazza; è importante che in ciascun passaggio il caffè conservi la classificazione di “specialty” per essere definito tale.
A redigere un protocollo su questa valutazione, noto come “Protocollo di Cupping”, la SCA (Specialty Coffee Association), associazione che stabilisce gli standard scientifici in sinergia con il CQI (Coffee Quality Institute), organizzazione no-profit che lavora a livello internazionale per migliorare il caffè che scegliamo di bere e, soprattutto, la vita delle persone che lo producono.

Il CQI dal 2003 ha introdotto la figura del Q Grader, una certificazione professionale per degustatori di caffè che prevede diverse tipologie di percorsi in base alla specie analizzata: Q Arabica Grader e Q Robusta Grader. Si tratta di un corso intensivo, articolato in lezioni ed esami, per un totale di 19 prove specifiche su diverse aree tematiche che si concretizzano in test sensoriali. Oltre a questi è stato di recente introdotto il Q processing, diviso in tre livelli, in cui ci si può specializzare anche nelle lavorazioni e le diverse fermentazioni del caffè. Questo ovviamente può essere svolto solo in un Paese produttore di materia prima
Il primo Q Grader in Italia è stato Alberto Polojac nel 2012, attuale coordinatore della SCA Italia e proprietario della Bloom Coffee School a Trieste, tra le poche sedi italiane certificate a erogare corsi di caffè specialty. “Sto per tagliare un altro traguardo: prossimamente sarò anche il primo Q Instructor italiano, ma resto umile – ironizza lui – Dopo il patentino da Q Grader con cui si diventa ufficialmente certificatore di qualità, un ruolo molto più conosciuto e riconosciuto all’estero, in particolare nei paesi produttori, lo step successivo prevede di formare nuovi assaggiatori professionisti. Così, trascorsi i 36 mesi dal diploma si è obbligati a praticare le cosiddette calibrazioni, due giornate full immersion in cui si ripetono alcuni esami sostenuti 3 anni prima. Io ho scelto di andare avanti e diventare un trainer SCA autorizzato, e sarò il primo nella mia nazione“.

Nella sua scuola triestina Alberto veicola altri percorsi a tema come il modulo unico di introduzione al caffè e i tre livelli rispettivamente su competenze del barista, caffè filtro, caffè verde, tostatura e abilità sensoriali.
Oltre alla sua realtà, sono poche e altamente selezionate le sedi abilitate ai corsi SCA, tra queste Training Center Lavazza, Nuova Simonelli, Bazzara Academy, La Cimbali, e tutte devono rispettare rigidi standard fisici, sia per quel che riguarda gli spazi e le attrezzature così come la qualità dell’acqua utilizzata per le estrazioni.
Sul sito della SCA alla voce “Protocols & Best Practices” viene illustrato il protocollo di degustazione chiamato cupping. Prevede la degustazione di 5 tazzine, estratte per infusione, da degustare all’interno di un ambiente reputato idoneo in base a diverse caratteristiche: temperatura; umidità ideale; luce; odori; riduzione dei rumori; postazione di assaggio in un rapporto ottimale di 8,25 grammi di caffè per 150 ml di acqua previsto nella singola tazza di porcellana. Si procede successivamente con l’ispezione visiva dei singoli campioni e con quella olfattiva che valuta sia l’odore del macinato secco sia l’aroma di quando viene infuso con acqua calda e il cucchiaino di assaggio va poi a rompere la crosta in superficie.

La scheda di cupping è composta da 10 voci, termini inglesi, non traducibili in italiano in quanto perderebbero di significato: fragrance, flavour, aftertaste, acidity, body, balance, sweetness, clean cup, uniformity e overall. Infine, ci si pronuncia sui difetti, divisi in primari e secondari.
Mission del Q Grader è assegnare i cup scores, ovvero punteggi espressi in centesimi della scheda di valutazione dell’analisi sensoriale secondo cui un caffè che supera gli 80 punti può essere considerato uno specialty coffee: tra 80 e 85 il campione viene considerato “molto buono”, tra 85 e 90 “eccellente”, da 90 a 100 “eccezionale”.
fonte: Linkiesta