La sostenibilità non è solo una parola, ma un obiettivo che molte aziende ormai si pongono di realizzare nel prossimo futuro. Un altro termine legato al tema che compare sempre più nelle strategie aziendali è Carbon neutrality: emissioni di CO2 da ridurre al limite per trasformarsi in produzioni verdi. Tra i nomi che spiccano per il suo impegno compare anche Lavazza.
La rivoluzione “Carbon neutral“, nella quale l’industria vuole diventare a impatto zero, è partita anche in Piemonte. L’Europa, del resto, ha tracciato la strada: entro il 2030 il vecchio continente dovrà bilanciare le emissioni prodotte con attività sostenibili e una progressiva riduzione dell’inquinamento. In pratica: per ogni tonnellata di CO2 rilasciata in atmosfera ci dovrà essere una compensazione green.
Lavazza ha messo in pista un vero e proprio business plan, da 50 milioni di euro, per raggiungere la carbon neutrality entro il 2030. “Quando sono arrivato in Lavazza, circa 10 anni fa, ho trovato un indirizzo molto chiaro verso la sostenibilità – spiega Antonio Baravalle Ceo del gruppo – fatto di attenzione alle persone, alle comunità, all’ambiente, ben prima che la sostenibilità entrasse nelle agende dei Cda delle imprese, della finanza, dei media“.
Adesso in Lavazza si parla di azzeramento dell’impatto della totalità delle proprie emissioni di Co2, grazie al bilanciamento tra le emissioni prodotte e il loro assorbimento; packaging sostenibile, il design delle macchine da caffè in un’ottica di risparmio dei consumi energetici, utilizzo di materiali riciclati. In pratica una strategia che coinvolge tutta la sua filiera.
“Per fare questo – continua Baravalle – abbiamo in primis puntato alla neutralizzazione della nostra impronta di carbonio per le emissioni su cui abbiamo influenza diretta, il che significa investire in efficienza energetica e riduzione del consumo di materie prime. E dove non possiamo controllare direttamente le emissioni lungo la filiera, lo vogliamo compensare, ad esempio attraverso la partecipazione a progetti con impatti positivi sia sull’ambiente sia sulle condizioni socio-economiche delle comunità beneficiarie“.
fonte: Torino.Corriere
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