Proseguiamo il nostro percorso attraverso la filiera del caffè approfondendo il ruolo di chi ne rappresenta l’ultimo tassello, ovvero il Barista (rigorosamente con la B maiuscola). Etimologicamente la parola BAR da cui deriva il termine Barista ha origini controverse. La più diffusa è quella per cui deriverebbe dall’inglese “barrier”, ovvero la sbarra che separava la zona riservata al consumo di alcolici dal resto del locale. In Italia il termine sembra derivi dall’acronimo Banco a Ristoro e il primo ad usarlo sembrerebbe essere Alessandro Manaresi, che nel 1898 apre il primo BAR a Firenze utilizzando tale acronimo. Da quel momento in poi inizia quindi a diffondersi il termine “bar” soppiantando quello maggiormente diffuso di “caffé” e diventa un simbolo di italianità nel mondo a tal punto da ispirare Howard Schultz, fondatore di Starbucks, per lo sviluppo del suo stile di caffetteria.
Oggi quando ci si riferisce al Barista si pensa soprattutto alla figura professionale legata al servizio di bar diurno, ovvero colui che dietro al bancone serve caffè e bevande a base di caffè, cibi dolci o salati e bevande varie. Con il tempo il ruolo del barista è venuto ad ampliarsi e di conseguenza le competenze richieste sono aumentate a dismisura, sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista organizzativo e amministrativo. Al bar diurno si contrappone l’American Bar dove invece si distingue la figura del Barman o Bartender, specializzato invece nella somministrazione di cocktail e bibite prevalentemente alcoliche.
LE MANSIONI DEL BARISTA
Diversi sono i compiti di un Barista nel corso della giornata, che principalmente si svolge dietro la “barriera” del bancone. Molto spesso però, soprattutto nei Bar di piccole dimensioni, il Barista è anche un po’ un tuttofare. A lui spesso spetta anche il compito di gestire le ordinazioni ai tavoli, quella delle operazioni in cassa, degli ordini ai fornitori o eventualmente del magazzino, oltre ad essere spesso incaricato dell’apertura o chiusura del locale. Per questi motivi spesso il Barista è dotato di un uniforme, una casacca o un grembiule ben riconoscibile e distinguibile da parte dei clienti.
“Un tempo – ci spiega Fatima Macias, trainer SCA e barista – il barista aveva una divisa che lo contraddistingueva e non gli era permesso avere tatuaggi in evidenza o piercing ed orecchini. Oggi i tempi sono cambiati su determinati aspetti anche se in alcuni locali in stile più classico viene ancora chiesto di indossare sempre maniche lunghe e non avere “ornamenti” visibili al cliente. Quel che è certo è che il Barista oltre ad avere una buona presenza deve essere anche in ordine e pulito, e lo stesso vale per il locale e le attrezzature con cui opera dal momento che questo sarà il suo biglietto da visita. Ma l’aspetto esteriore, seppur molto importante, ovviamente non basta. Un vero professionista si distingue dall’essere istruito ed in continua evoluzione se vuol dare una precisa impronta al proprio lavoro; per questo oltre all’aspetto esteriore, dovrà dimostrare anche di possedere conoscenza e professionalità.”
L’EVOLUZIONE DEL BARISTA
L’attività del barista, spesso viene considerata come un ripiego, un secondo lavoro o un’occupazione temporanea da parte di giovani e studenti. Oggi invece, sempre più spesso la figura del Barista sta tornando ad essere una scelta precisa più che una necessità.
Secondo Andrea Cremone, Barista presso “Tazze Pazze” a Genova, consulente e trainer SCA, il Barista è una figura professionale che in questi ultimissimi anni finalmente sta conoscendo un evoluzione. In che modo? Soprattutto attraverso la formazione, che ne aumenta prima di tutto la conoscenza delle attrezzature e delle materie prime.
“Il barista – dice Andrea – in quanto anche venditore deve essere in grado di conoscere appieno i caffè che utilizza per poter raccontarne al cliente le peculiarità del prodotto e coinvolgerlo nella degustazione. Il Barista moderno infatti trova il tempo, tra le mansioni pratiche di fornire al cliente qualche informazioni lampo o più approfondita sulle origini dei suoi chicchi e di come poi verranno preparati. Non si limita inoltre a proporre una sola tipologia di caffè con una sola tecnica di preparazione (che in Italia spesso si limita all’espresso), ma inserisce nel suo locale due o più origini di caffè diverse da preparare sia con la macchina espresso ma anche con tecniche di Brewing che possono accontentare diverse esigenze di consumo.”

UN PROFESSIONISTA INDIPENDENTE
Al Barista di nuova generazione spettano quindi conoscenze specifiche in tema caffè, che spaziano dalla botanica alla corretta macinatura e montatura del latte, passando per la tostatura. “Sul caffè tostato da utilizzare – dice ancora Andrea – deciderà quindi in base al gusto quello più adatto da inserire nel proprio locale e non più in base a prestiti o favori che propongono le aziende produttrici di caffè che così facendo legano il locale all’utilizzo esclusivo del proprio prodotto.
Con questa indipendenza il Barista può infatti periodicamente cambiare i caffè da proporre per dare l’opportunità ai clienti di provare profili aromatici sempre nuovi e diversi.”
In questo modo il Bar o la Caffetteria si può evolvere fino a diventare una vera e propria “Caffeteca” offrendo la possibilità di provare diversi marchi, con diverse tostature preparati con diverse tecniche di estrazione, così come già si fa per molti altri prodotti.
L’INGREDIENTE UMANO, TRA ANTROPOLOGIA E PSICOLOGIA
Molto spesso il barista è la prima persona con cui il cliente interagisce al mattino e l’aspetto più umano di questa professione non va assolutamente trascurato. Anzi anche questo è uno degli aspetti che contraddistingue un vero professionista, oltre al fatto che può essere un’arma eccezionale per fidelizzare la nostra clientela. Il Barista infatti oltre ad essere l’anello conclusivo della filiera rappresenta anche l’attore protagonista che all’interno del suo ruolo deve riassumere abilità tecniche e capacità comunicative non indifferenti. Per questo motivo quando si intraprende questo tipo di professione, da dipendenti o da titolari, sarà necessario sviluppare anche conoscenze che permettono di interagire con il cliente in maniera positiva, inclusiva ed educata. L’attività in un Bar è spesso frenetica e al Barista sarà richiesto di compiere diverse azioni in un clima in cui si è spesso sotto pressione e dove i clienti non sempre sono facili da gestire.
IL CLIENTE NON SEMPRE HA RAGIONE
“Si cerca di accompagnare il consumatore – conclude ancora Fatima – ed educarlo a bere un prodotto sano e ben preparato. Non bisogna per forza di cose accontentare a tutti i costi richieste particolari e stravaganti; il cliente va sicuramente accontentato ma un Barista professionale ha la capacità di spiegare il ‘perché’ e il ‘come’ di determinate scelte di preparazione, proprio come farebbe uno chef o un pasticcere nello spiegare determinati ingredienti o tipologie di cottura. Quando nel nostro locale si presenta un cliente, lo fa sicuramente per soddisfare una necessità ed è qui che al Barista spetta un compito per niente banale. Deve essere in grado di interpretare quel bisogno, percepire le necessità del cliente usando allo stesso tempo tutte le proprie capacità comunicative e persuasive che possano creare un ambiente rilassato, professionale e accogliente.” In questo modo il cliente percepirà il locale come un luogo sicuro quasi come fosse un’estensione del proprio salotto e sentirà il desiderio di tornare a farsi coccolare ed educare allo stesso tempo godendo di un servizio di ottima qualità.