Varietà, miscela, tostatura, macinato…sono tante le parole che ci vengono in mente quando si parla di caffè. Acquistare, assaporare e degustare un caffè sono tre azioni ben diverse fra loro e spesso rimaniamo confusi dall’ampia scelta che si apre di fronte ai nostri occhi. Siamo soggiogati dalle tante marche proposte, ma anche dalle diverse tipologie e da tutta la pubblicità ingannevole che ci professa un brand di caffè come metro e misura della perfezione mondiale. Abbiamo dimenticato come si riconoscere un caffè davvero buono da uno di alta qualità, allo stesso modo in cui non siamo più in grado di distinguere un’ottima miscela da una brodaglia mediocre al “sentore” di caffè. Qui, proviamo a mettere ordine fra le idee confuse e a raccontare cosa è davvero per noi il caffè di qualità, partendo da leggende, falsi miti e credenze popolari.
Il caffè di qualità ha cinque criteri, e mille filosofie di pensiero
Allontaniamoci per un attimo dai lidi delle leggende e dei miti secolari per parlare al presente e fotografare l’attualità dei fatti. Scegliere il caffè giusto, o saper riconoscere quanto sia di qualità ciò che ci viene servito nei bar o nei coffeshop non è affatto semplice. Tanto per iniziare, oggi sono in tanti a non aver mai provato un caffè di alta qualità e quando vanno ad assaggiarne uno che è anche solo leggermente migliore di un altro pensano di aver scoperto il nirvana. In secondo luogo, oggigiorno siamo sormontati da troppe informazioni, diciture e brand di caffè quindi spesso finiamo per farci guidare nella decisione soltanto dal marchio o da quanto è accattivante e colorata l’etichetta. Eppure, nonostante i grandi appassionati del caffè storcano spesso il naso di fronte al caffè da bar, è ancora possibile imparare a riconoscere un’ottima bevanda da una assolutamente a buon mercato.
Esistono diversi percorsi formativi e degustazioni di caffè fatte da professionisti e studiosi che ci sanno guidare in un viaggio gastronomico completo. Nessuno nasce sapendo già tutto, ma nella volontà di conoscere ciò che si sta bevendo, si possono raggiungere davvero risultati insperati e quindi smettere di accontentarsi del caffè scadente del ristorante. In Italia, oggi, spesso beviamo caffè di pessima qualità anche se ci professiamo “i padroni dell’Espresso”. Gli esperti del settore parlano di filosofie di pensiero del caffè perché sanno bene che questa bevanda è pensata, assimilata e raccontata in modo diverso da chiunque ne parli. C’è chi lo vuole amaro, a chi piace shakerato, chi lo beve rigorosamente con lo zucchero di canna e chi lo prende solo decaffeinato. Comunque tu preferisca bere il caffè, i gusti rimangono gusti e questo è un dato di fatto non sindacabile. Ci sono però cinque criteri inconfondibili e su cui non si può transigere quando si parla di caffè di qualità. Cinque fattori che, uniti, portano il caffè ad un livello quantomeno accettabile per chiunque se ne intenda.

Tostatura: si tratta del primo passo nella valutazione del caffè. La prima distinzione importante riguarda la forma dei chicchi. La dimensione non necessariamente sarà fondamentale, ci dirà piuttosto se vi è prevalenza di arabica o robusta. L’aspetto con cui si presentano i chicchi di specie arabica è data da due fattori ben distinti: forma allungata e un gran solco ondulato ben visibile nel mezzo. Mentre invece se parliamo di specie robusta non possiamo non notare che si tratta di chicchi dalla forma più rotonda e con un solco dritto e profondo nel mezzo. La tostatura è un grande cruccio per gli esperti, perché da questa dipendono gli aromi e i sapori che il caffè avrà una volta unito all’acqua bollente. Qui vige la regola dei gusti a cui facevamo riferimento prima; non c’è una tostatura giusta e una sbagliata, c’è solo una tostatura necessaria. Una tostatura eccessivamente scura con un chicco troppo scuro, quasi nero e oleoso o, all’estremo opposto, poco sviluppata con un colore troppo chiaro, quasi sbiadito, sarà evidenza di un processo non particolarmente accurato.
Crema: qui ci sono alcune divergenze di pensiero. Se la crema del caffè viene osannata da gran parte dei consumatori, per gli esperti ci sono opinioni contrastanti. Vediamo di analizzarla in maniera oggettiva, e poi di trarne delle conclusioni. Chi beve caffè, a casa o al bar, desidera una crema soffice, sottile, dal color nocciola chiaro. Una crema dalla trama omogenea e compatta, che non lascia trasparire nulla di quel che vi si trova sotto, senza buchi. Consistente e persistente, altrimenti il caffè non può essere buono. La vediamo ergersi nella tazza per qualche millimetro, massimo mezzo dito, dai toni bruni ma chiari, delicata ma necessaria affinché il caffè che stiamo bevendo venga considerato all’altezza delle aspettative. Qui però, spesso troviamo molti luoghi comuni sbagliati. La crema, in un caffè di alta qualità, deve esserci ma non necessariamente deve essere spessa. Anzi la famosa prova dello zucchero in sospensione è uno di quei falsi miti da sfatare. La crema, o schiuma (perché di questo si tratta) deve essere invece piuttosto elastica e formata da microbolle impercettibili. La “cremina” che tanto ci piace spesso invece non dice un granché della qualità del caffè, ci rivela piuttosto quanto possa essere preparato il barista nella sua esecuzione. La bevanda di cui ci importa, quella su cui dovremmo fare affidamento, si trova sotto. Nella sostanza, un caffè con la crema sopra è come una meravigliosa macchina tirata a lucido, brillante e splendente. Ma se manca la qualità della materia prima…
Il profumo: Che si tratti di un caffè preparato con la moka a casa propria o di un espresso bevuto al bar con un amico, il profumo è la prima caratteristica che più colpisce i nostri sensi. L’aroma di caffè non è una leggenda. Ciò che si valuta per riconoscere un caffè di qualità è l’intensità del suo profumo e la sua complessità. Se non raggiunge il nostro naso nell’immediato, allora è un caffè davvero bizzarro. Le note olfattive possono essere varie e complesse, vengono percepite anche seguendo quelli che sono i canoni olfattivi di ciascuno ma, in genere, l’odore del caffè è inimitabile e assolutamente riconoscibile a primo naso. Quello che gli esperti dicono è che l’aroma del caffè deve ricordare l’eleganza e la compostezza. Sembrano discorsi un po’ sul filo dell’illusione ma in realtà un caffè di qualità si riconosce dal senso di rotondità e morbidezza con cui potremmo definire il suo odore. Non serve mettere il naso dentro la tazzina per riconoscere se il caffè è buono. Quando il caffè è di qualità, un intenditore lo riconosce anche a distanza. Da qui, poi, si possono armonizzare e riconoscere quanti più aromi possibili, sfumature e sentori che ai più sembreranno irriconoscibili ma che chi ama il settore del caffè è orgoglioso di saper individuare: dal profumo di frutta secca al sentore di miele, dall’aroma di sandalo e vaniglia al caramello o ancora ai frutti di bosco.

Gusto: nota dolente per molti. Siamo così abituati a pensare che il caffè che beviamo sia eccellente e inimitabile, da non avere la più pallida idea del sapore che un caffè dovrebbe davvero avere. Siccome ci accontentiamo dell’espresso servito da qualcuno che molto più spesso di quanto possiamo pensare, non ha alcuna formazione circa il caffè, mandiamo giù di tutto senza porci troppe domande e senza nemmeno il tempo di riconoscere se stiamo bevendo un caffè di qualità. Come deve essere quindi un caffè di buona qualità all’assaggio? È importante verificare un buon equilibrio tra l’amaro, l’acido e il dolce. Chi dice che il caffè deve essere assolutamente amaro di sua natura, non ha capito molto di questa bevanda. Una buona presenza di arabica conferisce al caffè una certa acidità più o meno complessa, mentre una maggiore presenza di robusta dona al caffè una nota piuttosto amara che, se si tratta di un prodotto di qualità, somiglierà al cioccolato fondente.
Retrogusto: siamo arrivati all’ultimo dei cinque criteri che trasormano UN caffè, in IL caffè. Si tratta forse dell’aspetto meno considerato, a tratti quasi dimenticato nell’immaginario comune. Eppure è il passo finale, il miglio in più che fa sì che il nostro percorso con questa bevanda sia un’esperienza totalizzante. Il retrogusto del caffè è, tragicamente, un punto a sfavore di tantissimi caffè che vengono serviti ogni giorno. Quando finiamo un pasto, o ci regaliamo una pausa dal lavoro, ci beviamo un caffè. Dal retrogusto che il caffè ci lascia in bocca dipende tutta l’esperienza che abbiamo appena vissuto. Quante volte abbiamo passato l’intero pomeriggio con un sentore spiacevole sul palato, e quante volte abbiamo visto una meravigliosa cena sfumare nel ricordo di un pessimo espresso che ci ha lasciato il sapore di vecchia suola sulla lingua. Il retrogusto del caffè ci accompagna verso nuove avventure, e ci permette di avere buona memoria del pasto appena finito quindi deve essere sempre gradevole. Rotondo, morbido, con una punta di acidità ma anche portatore di quella dolcezza malinconica che ci intima a volerne bere un altro. Anche qui, non esiste una regola base sul retrogusto del caffè, una sola cosa è certa: cattivo retrogusto, pessimo caffè, tremendo ricordo.
Se siete interessati ad approfondire l’argomento potete andarvi a vedere la formula dei 7 punti per un espresso di qualità di Andrej Godina