Scienza

Come valutare un caffè a livello organolettico – l’analisi olfattiva

Che si tratti di un'analisi sensoriale o una semplice degustazione, l'olfatto diventa la porta d'ingresso che ci permette di accogliere un prodotto nel nostro palato.

Abbiamo trattato in un precedente articolo il tema del controllo qualità in azienda e cosa si debba cercare di prevedere in ingresso e in uscita, prima di poter dichiarare di occuparsi seriamente di prodotti di alta gamma. Non basta infatti essere rigorosi, ma occorre esserlo in maniera trasversale e in ogni direzione prevedendo standard qualitativi ad ogni passaggio critico. Considerando il tema dell’analisi sensoriale finalizzata al controllo qualità in azienda, vediamo ora il primo passo da considerare nell’utilizzo di una scheda di assaggio.

Il primo elemento che troviamo all’interno di un scheda e che rappresenta normalmente la prima valutazione qualitativa da effettuare riguarda la componente aromatica, che coinvolge quindi il nostro senso dell’olfatto. Quando si tratta di analizzare un prodotto dal punto di vista sensoriale, prima ancora di portarlo alla bocca, deve passare attraverso il nostro organo olfattivo, che rappresenta anche la nostra porta di ingresso per poterci relazionare con il mondo che ci circonda. Se un prodotto risulta avere un odore sgradevole, questo segnale di potenziale pericolo impedisce di farlo arrivare alla nostra bocca. Quando invece risulta interessante ed invitante dal punto di vista aromatico, ecco che il nostro palato sarà pronto per accoglierne anche il sapore.

Fin dai primi nostri istanti di vita, l’olfatto è il senso che ci guida alla scoperta del mondo, pur non essendo il più sviluppato, soprattutto se rapportato ad altre specie del regno animale. Tra le particolarità dell’olfatto c’è il fatto di essere l’unico tra i sensi ad essere in diretto contatto con la corteccia cerebrale. Per questo si può considerare il collegamento diretto tra il nostro cervello e il mondo che ci circonda.

L’odore subito ti dice senza sbagli quel che ti serve di sapere; non ci sono parole, né notizie più precise di quelle che riceve il naso.

– Italo Calvino

Come funziona l’olfatto


Le informazioni provenienti dal senso dell’olfatto vengono elaborate da due zone celebrali:

  • il sistema limbico (ippocampo e amigdala) che controlla le emozioni, gli stati d’animo e gli istinti
  • il talamo, che assieme ad alcune aree della neocorteccia frontale, è coinvolto nell’interpretazione cognitiva dello stimolo olfattivo.


Inoltre, il sistema limbico e il lobo limbico partecipano ai processi di memorizzazione. Il senso dell’olfatto risulta quindi essere collegato alla sfera delle emozioni e alla memoria. Il fatto di coinvolgere direttamente la nostra sfera emotiva ci aiuta a distinguere attraverso l’olfatto tre macro categorie di stimoli: cibo, partner e pericolo. Pensiamo infatti al potere attrattivo di un buon profumo o viceversa la capacità repulsiva di un odore sgradevole. Questo avviene proprio perché i nostri recettori sono direttamente collegati alla corteccia cerebrale suscitando in noi delle emozioni o dei ricordi, prima ancora di definirli con un’etichetta precisa. Questo aspetto rappresenta la parte più affascinante di questo senso, collegato anche al nostro patrimonio genetico, ma lo rende anche molto più fallibile. Quante volte ci capita di percepire un odore e non riuscire a definirlo immediatamente, anche quando si tratta di un aroma a noi molti familiare? O quante volte ancora succede di descrivere lo stesso sentore con etichette diverse? Questo accade da una parte perché il tempo di elaborazione delle molecole odorose che si liberano nell’aria e raggiungono i nostri recettori è molto breve, dall’altra perché l’elaborazione del linguaggio e il controllo delle emozioni sono attività controllate da diverse zone della nostra corteccia cerebrale. Per questo quando odoriamo qualcosa risulta più facile ricordare un’esperienza rievocata dal passato piuttosto di riuscire ad attribuire una definizione specifica. Un famoso esempio letterario che spiega bene questa caratteristica degli odori è la petite madeleine di Proust.


All’interno di una scheda di valutazione la parte dedicata all’analisi olfattiva è spesso minima se paragonata ad altri descrittori proprio per questa sua natura piuttosto controversa e per la difficoltà a mettere d’accordo un gruppo di persone, anche se si tratta di un panel di esperti. Rimane tuttavia un elemento indispensabile ed essenziale per descrivere la complessità e l’ampiezza aromatica di un prodotto.

Uno studio della Rockefeller University di New York ha dimostrato che le persone possono ricordare il 35% di quanto annusano, rispetto a solamente il 5% di ciò che vedono, il 2% di ciò che sentono e l’1% di quello che toccano. Mentre l’esperto di profumi Fred Dale ha constatato la superiorità della memoria olfattiva in una serie di esperimenti: mentre la memoria visiva perde il 50% della propria intensità dopo 3 mesi, i ricordi legati alla sfera olfattiva perdono solamente il 20% della propria intensità anche dopo un anno. Ciò che annusiamo, oltre a suscitare in noi emozioni molto forti ed immediate, rimane impresso nella nostra memoria per molto più tempo.

Altra particolarità dell’olfatto è quella di essere un senso che non possiamo controllare, essendo collegato alla respirazione da un lato (via diretta) e alla deglutizione dall’altro (via indiretta o retro nasale). Proprio attraverso la via retro nasale possiamo percepire gran parte dei sapori all’interno del nostro palato. La differenza con il gusto risiede proprio in questo, nella combinazione l’olfatto attraverso l’esperienza retro nasale. Per questo motivo, quando ci tappiamo il naso o abbiamo un raffreddore, diventa più difficile percepire le sfumature più complesse delle pietanze, ma ne percepiamo solo i gusti base.


Il marketing sensoriale


Come detto, gli odori partecipano in modo significativo a definire i nostri stati emotivi, infatti di recente è spesso utilizzato per influenzare anche le scelte di acquisto dei consumatori.

Secondo la rivista Commerce Magazine, la presenza di profumi nei punti vendita si traduce in un aumento del tempo di permanenza del cliente all’interno del negozio del 16% ed una crescita dello scontrino medio dal 10% al 20%. Come dimostra uno studio dell’Università di Paderborn: le persone intervistate dopo essere state in una stanza profumata con la fragranza al limone erano il 14,8% più inclini all’acquisto rispetto a quelle intervistate in una stanza non profumata. E’ stato evidenziato anche un incremento del: 18,8% nella disponibilità a comunicare, 15,9% nella permanenza e 14,8% nella volontà di toccare i prodotti.

In un altro test, un gruppo di 45 soggetti ha esaminato e valutato la medesima scarpa sportiva in due stanze separate ma identiche. L’unica differenza era determinata dalla diffusione di un leggero profumo di fiori in una delle due stanze. I risultati sono stati molto chiari: l’84% degli intervistati ha affermato di preferire la scarpa nella stanza profumata rispetto a quella nella stanza senza aromi.

L’olfatto risulta essere uno strumento molto potente che però sfruttiamo e conosciamo ancora troppo poco. Considerando che l’aroma di caffè è uno dei più complessi che esiste, il potenziale in gioco è enorme.