Editoriale

Il barista è il vero elemento di innovazione

Negli anni 90 quando si trattava l’argomento espresso si seguiva la regola delle 5 M, che per quel determinato periodo andava bene in quanto il percorso di conoscenza in materia era ancora ai suoi esordi.

Tra queste 5 M ricordiamo: la macchina, il macinatore (o macinadosatore visto che l’on-demand rappresentava ancora un miraggio), la miscela (visto che di singole origini non c’era manco l’ombra, forse qualche monorigine qua e là), la manutenzione e la mano del barista (troppo spesso confusa con la pressione della pressatura, che oggi sappiamo essere pressochè ininfluente)

Molti di questi termini oggi fanno sorridere quando vengono usati perché suonano come se appartenessero ad un’era preistorica. Ogni tanto però tornano a galla qua e là all’interno di siti o pagine dedicate al caffè espresso. Molto spesso rappresentano miti da sfatare più che veri e propri consigli di modus operandi e una caffetteria moderna se tale vuole essere deve necessariamente andare oltre questi luoghi comuni. Cominciando dalla macchina espresso che rimane uno dei pilastri attorno a cui costruire la propria idea di caffetteria. L’evoluzione che il settore delle macchine ha conosciuto negli ultimi 15 anni è sorprendente e ormai anche i modelli base prevedono diverse possibilità di intervento da parte dell’operatore. In questa evoluzione non sono da escludere i macinatori ormai quasi tutti a erogazione diretta di cui molti controllo digitale sulla granulometria e peso.

Questa evoluzione non è stata invece altrettanto rapida per quanto riguarda professionalità e formazione dell’elemento umano atto a governare tutta questa tecnologia. Ovvero abbiamo macchine che fanno di tutto, ma baristi e operatori che non conoscono il prodotto e non sono capaci di estrarlo decentemente. Ancorati alla terza delle 5 M, la miscela, che mi fa rabbrividire al solo sentirla nominare. Già perché la cultura media delle persone in materia caffè si ferma nella migliore delle ipotesi a questi tre elementi: arabica, robusta e miscela. Come se di un vino conoscessimo solo bianco, rosso e uvaggi. Cosa manca quindi? La quarta M non basta più, quella della mano di chi opera. Manca la B rigorosamente maiuscola del Barista a cui possiamo aggiungerci tutti gli attributi che desideriamo, ma l’aspetto più fondamentale è che sia un Professionista, anche qui con la P maiuscola.

Questo è quindi l’elemento da cui deve partire il concetto innovativo di caffetteria, quello umano. Un barista che non sia solo Mano, ma anche testa, voce, cuore e cervello. Un professionista appassionato del suo lavoro, che sia più di un semplice esecutore, ma che sia in grado anche di descrivere il prodotto che sta servendo con tutti i dettagli che può trasmettergli chi lo fornisce del tostato. Possibilmente un Barista che conosca non solo la materia prima, ma anche che sappia quali sono i parametri per una corretta estrazione. Magari utilizzando diversi sistemi di estrazione, anche per il semplice fatto che da noi il consumo di caffè espresso ha delle fasce orarie ben precise.

In molti Paesi esteri essere barista è cool e trendy, in Italia è forse il mestiere più bistrattato. Innovare una nuova era di caffetteria 4.0 significa partire da questa figura, perché è il barista che presenta e spiega il prodotto al cliente, accompagnandolo in un percorso con più consapevolezza. Se siete baristi investite quindi in corsi di formazione che possano consegnarvi un mestiere nelle mani, se siete torrefattori investite nella formazione dei baristi, perché la qualità del vostro caffè è nelle loro mani.

Poi c’è l’ultima M, quella della manutenzione, forse unico elemento a resistere al tempo. Una macchina di proprietà e non in comodato lavorerà meglio, perché auspicabilmente si avrà più cura nella sua pulizia e manutenzione. Facciamola quotidianamente e con prodotti specifici. State in campana!

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