Scienza

Come valutare un caffè a livello sensoriale – il sapore

Il sapore, spesso confuso ed erroneamente usato come sinonimo del termine gusto, è in realtà un elemento fondamentale per descrivere la complessità di un prodotto. Per questo motivo in una scheda di assaggio sono presenti le diverse voci che riguardano il gusto e una voce speparata che riguarda il sapore, quello che in inglese viene definito come flavour

Tecnicamente il sapore coinvolge l’aspetto gustativo e retro-olfattivo nello stesso istante, dando quelle combinazioni di sostanze chimiche che compongono, ad esempio, il sapore percepito di caramello o di cioccolato.

Per questo motivo per rilevare queste sfumature si necessita di un panel sensoriale, dal momento che il nostro sistema nervoso e la nostra corteccia cerebrale sono gli unici strumenti in grado di mettere insieme queste sensazioni prodotte all’interno del nostro palato. I cosiddetti “nasi elettronici” infatti, sono in grado di scomporre ed elencare i diversi composti chimici che formano le sostanze odorose e gustative di un prodotto, ma non sono in grado di combinarli e spiegare come, ad esempio, queste vadano a formare il sapore di un frutto o di una spezia precisa. L’elemento olfatto risulta quindi decisivo per una corretta interpretazione sensoriale. È il motivo per cui quando siamo raffreddati tutto ci sembra avere lo stesso sapore e riusciamo a malapena a sentire gusti base come l’acido o l’amaro.


Come allenare il riconoscimento dei sapori

Come il detto il sapore è necessario per descrivere la complessità di un prodotto e dal momento che nel caffè i composti aromatici risultano essere più di 850, diventa fondamentale saperne cogliere e descrivere le sfumature. Ci vengono in aiuto in questo senso strumenti come la Flavor wheel e il Sensory Lexicon realizzati dalla Specialty Coffee Association grazie all’importante contributo del World Coffee Research. Uno degli aspetti più critici nel distinguere ed etichettare la complessità dei diversi sapori è infatti proprio il fatto di non riuscire a collegare immediatamente la sensazione ad un termine preciso.

Questo accade perché per valutare, percepire e descrivere il sapore, una funzione chiave spetta in realtà all’olfatto. In particolare attraverso l’attività retro-olfattiva legata alla deglutizione che trasporta molecole odorose dal palato all’interno della cavità nasale. Proprio questo aspetto è ciò che distingue il sapore dal gusto e proprio per la rapidità con cui i composti volatili scompaiono nell’ambiente, è quello che lo rende più articolato e non di immediata comprensione. Così come per la distinzione degli aromi attraverso l’olfatto quindi, è necessario allenare questo tipo di percezione. Ecco che Flavour Wheel e Sensory Lexicon ci possono venire in aiuto in questo senso.

Da cosa dipende il sapore di un caffè

Abbiamo evidenziato la complessità in un caffè composto da più di 850 sostanze aromatiche presenti in una tazza. Tale complessità può essere ricercata nella molteplicità di lavorazioni necessarie per ricavare una bevanda da una frutto a bacca attraverso innumerevoli passaggi.


Concorrono infatti a generare le caratteristiche organolettiche di un caffè:

– la specie e la varietà botanica: assodata la maggior complessità di una Arabica rispetto a una Robusta, dobbiamo anche considerare le numerose varietà (che derivano in gran parte dalle due diramazioni principali della Typica e la Bourbon) della prima rispetto alla seconda. Come per qualsiasi altro alimento quindi, appartenere ad una piuttosto che ad un’altra darà delle note base molto diverse.

– il terroir: non solo l’altitudine quindi risulta importante ma tutti i di fattori che compongono un particolare microclima quali la latitudine, la piovosità e l’irraggiamento solare. Uniti alle caratteristiche del terreno questo insieme di elementi risulterà fondamentale per lo sviluppo delle ciliegie di caffè e quindi del seme al loro interno.

– la lavorazione: oggi più che mai con le sperimentazioni in corso sulle diverse tecniche di fermentazione questo aspetto risulta forse più di ogni altro responsabile della conformazione di determinanti composti aromatici. Ormai infatti la figura dell’agronomo deve saper gestire queste fasi molto delicate che permettono di far emergere dal chicco cratteristiche anche su ordinazione da parte del compratore.

– la tostatura: la degradazioni degli acidi, la trasformazione degli zuccheri, la caramelizzazione e la distillazione secca che avviene in questa fase potrà valorizzare il pieno potenziale di quanto fatto in precedenza o mandarlo in frantumi. Spetta al mastro torrefattore trasformare il chicco e trattenerne gli aromi all’interno.

– la preparazione: l’estrazione attraverso i sistemi a pressione come l’espresso o la moka, a infusione o immersione come la French press o a percolazione come i diversi sistemi a filtro permettono di esaltare alcune note e nasconderne altre. Al barista la responsabilità di farle emergere in tutto la loro intensità macinando i chicchi sul momento e compiendo l’ultima e definitiva trasformazione: da solido a liquido.

Va da sé che maggiore sarà la cura, l’attenzione e la preprazione nel seguire queste diverse fasi, migliore sarà il risultato finale in tazza.