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Sigep 2022 – un maxi-evento come non se ne vedevano da un po’, con il mondo del caffè che esulta e riapre le porte alle competizioni

Matteo Pavoni, Giacomo Vannelli e Fabio Dotti, vincitori nelle discipline Barista, Brewing e Cup tasting, non hanno dubbi: servono baristi formati e preparati!

La 43° edizione di Sigep – The Dolce World Expo, si è appena conclusa. Questa manifestazione è dedicata a tutte le filiere del gusto zuccherato, dal gelato alla pasticceria, dal cioccolato alle panificazioni artigianali. In questo delizioso banchetto di workshop, degustazioni e competizioni dove non sono mancati i colpi di scena, anche il mondo del caffè ha visto il suo palcoscenico diventare sempre più seguito ed esigente.

Il Sigep era fermo da due anni come tantissime altre manifestazioni, ma quest’occasione è stato il trampolino di lancio per dare vita a qualcosa di grandioso che vivesse del valore e dell’emozione di tornare in presenza. Proprio per questo motivo era presente tutta la community internazionale del dolce e del caffè: quasi mille brand hanno preso parte a più di tremila appuntamenti calendarizzati fra aziende espositrici e buyers mondiali. I Talk e workshop non si sono risparmiati nulla: le quattro Arene (Gelato, Pasticceria, Bakery e Caffè) si sono lanciate in cinquanta ore di focus e racconti, spiegazioni, storie e dibattiti, mentre le competizioni nazionali e internazionali andavano avanti a colpi di cooking e gare. Insomma, gli eventi non sono proprio mancati. Dopo 25 mesi di attesa, tutto il mondo della caffetteria non aspettava altro che partecipare. Chi era presente ha visto in questo maxi-evento un risultato oltre le aspettative e, rispetto ai Sigep degli anni precedenti alla pandemia, un nuovo spirito di competizione e di voglia di mettersi in gioco, non solo per i concorrenti in gara ma per tutti i buyers, le aziende, i visitatori e anche per chi vede nel Sigep un’occasione di rivalsa contro i due anni di vuoto abissale che la pandemia ha trascinato con sé.

In questo contesto deliziosamente competitivo e professionale, le gare del caffè hanno fatto da padrone. I tre titoli da contendersi erano quello di Barista, Brewing e Cup Tasting, organizzati da SCA Italy e valevoli per le finali mondiali delle diverse discipline. Noi abbiamo avuto il piacere di intervistare i vincitori di tutte e tre le competizioni, rispettivamente Matteo Pavoni, Giacomo Vannelli e Fabio Dotti. Vincere queste competizioni significa coronare un sogno e raggiungere un traguardo unico nella vita, perché mette un punto definitivo a tutto il percorso che questi giovani hanno intrapreso per arrivare a essere i numeri uno, nel lavoro come nella vita.

Cosa rappresenta per te partecipare a questo tipo di competizione?

Matteo: Partecipare al Sigep richiede sacrifici, gli ultimi anni sono stati totalmente dedicati a ricerca e studio. Questo risultato per per me è ricco di emozioni perché come lavoro faccio principalmente il tostatore. Io seleziono i caffè e penso che il lavoro del barista sia fondamentale nella filiera di lavorazione perché il suo ruolo è quello di valorizzare tutto il percorso. Spesso, oggi, il barista invece di valorizzare, distrugge l’operato di chi lavora la materia prima. Ad ogni modo, la gara del Sigep per me è un’occasione per dimostrare come seleziono i caffè, come li scelgo e come li tosto…insomma, è un palcoscenico dove mi sento l’attore principale.


Perché hai scelto proprio la competizione di Cup Tasting?

Fabio: Fra tutte le gare questa è quella che sento più mia, perché è un po’ come competere contro se stessi. Siamo io e i miei sensi. Mi sento spronato a fare sempre di meglio, perché in gara faccio esattamente ciò che faccio nella vita di tutti i giorni, controllo la qualità di ciò che servo e affino i sensi del gusto e dell’olfatto. Alzo sempre l’asticella delle mie capacità e mi sfido a fare di meglio, anno dopo anno.

Come vedi il mondo delle competizioni di caffetteria?

Giacomo: Si dovrebbe pensare a queste competizioni come ad un cielo aperto, perché chi svolge questa professione deve sempre sentirsi motivato a partecipare, il mondo delle gare deve essere accessibile a tutti, così come scuole e accademie di caffetteria. Il tutto non può che avere un effetto positivo sul ruolo del barista italiano: più i baristi sono informati, più il livello medio delle caffetterie si alza, in termini di consapevolezza e qualità.

Che consiglio daresti a chi vuole entrare nel mondo di questa professione?

Matteo: non c’è una formula magica o una regola valida per tutti, ovviamente. Ma se dovessi dare un consiglio che ritengo sempre utile, direi che circondarsi di persone navigate e di qualcuno che faccia da “mentore” è il miglior modo per imparare. Trovare una persona di cui fidarsi, che sappia già come muoversi e che voglia passare il testimone.

Qual è il tuo metodo di apprendimento quando si tratta di assaggio?

Fabio: Ognuno ha il suo metodo. Penso che il segreto sia cercare un metodo che funzioni per il singolo, e perfezionarlo di giorno in giorno. Allenarsi con consapevolezza significa ottimizzare il proprio tempo e le proprie energie. Io, per esempio, faccio spesso analisi sensoriale in torrefazione, scelgo sempre quei caffè molto simili fra loro perché sono in grado di farmi cadere in inganno, perché mi spingono a migliorare e cogliere sempre più le micro-sfumature fra una tazza e l’altra.

Quale potrebbe essere il ruolo del barista moderno?

Matteo: Fare il barista significa preparazione. Hanno ragione quelli che dicono che oggi questa professione non viene vista come un lavoro serio ma come un passatempo per guadagnare qualche soldo in più. Io invece penso che questo ruolo sia molto importante, e che chi sta dietro il bancone ha il compito di dare valore a un’intera filiera. I baristi sono l’anello finale che collega il cliente a milioni di lavoratori nel mondo. Si tratta di avere il senso della comunicazione, di saper dare il giusto peso al proprio operato e a quello altrui, nonché conoscere la materia prima e saperla raccontare. Nei prossimi anni mi aspetto una maggiore ricercatezza e una costante scelta che punti alla qualità del prodotto.

Come vedi il mondo della caffetteria da qui in avanti?

Fabio: In questa realtà incerta io ho scoperto che dai momenti di difficoltà possono nascere invece delle possibilità, perché investire sulla formazione del barista significa dare garanzia al futuro. Essere barista significa studiare, partire dalle origini della materia prima e raccontare al consumatore tutto il lavoro che c’è dietro la tazzina. Io vedo questa professione come un impegno sincero, e come una possibilità di istruzione per molti…certo, ci vuole consapevolezza e desiderio di mantenere le promesse.

Chi è davvero il barista nel 2022?

Giacomo: Il barista è un anello di congiunzione fra consumatore e filiera, ed è colui che veicola il significato di specialty coffee, almeno come idea. Il barista educa e deve saper esprimere il suo ruolo attraverso la comunicazione di ciò che sta preparsando, ma anche la storia e la tradizione che c’è dietro la materia prima. Il barista oggi non può più essere solo una professione, ma deve essere una passione.