Scienza

La parte tattile dell’analisi sensoriale. Il corpo di un caffè

Quando pensiamo al senso del tatto lo ricolleghiamo immediatamente alle nostre mani in particolare ai polpastrelli che esplorano l’ambiente circostante percependo superfici liscie o ruvide. Dobbiamo però sapere che questo tipo di sensazione viene riprodotta anche all’interno del nostro palato.
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Tra le papille presenti sulla nostra lingua ci sono infatti alcune definite filiformi, che hanno la funzione di meccanorecettori. Da una parte infatti, attraverso la loro struttura ruvida, servono a trattenere e spingere il cibo tra i denti durante la masticazione. Dall’altra recepiscono appunto la natura più o meno viscosa o liquida di ciò che ingeriamo. In un caffè l’esperienza tattile viene definita come corposità. Quando il corpo è positivo si definisce come rotondo, morbido, armonioso e liscio. Quando l’esperienza tattile è negativa si usano termini come ruvido e astringente.

Cosa determina il corpo di un caffè


Diversi sono gli elementi di un caffè che possono determinare una maggiore o minore consistenza all’interno del palato. Tra questi quelli che hanno un impatto maggiore sono il grado di tostatura, il tipo di estrazione e la densità del chicco. Va fatta comunque una distinzione, così come accade per l’acidità tra l’intensità di una sensazione tattile e la sua qualità complessiva. A corposità elevata infatti non sempre corrisponde un’elevata qualità di questa sensazione. Una percezione oleosa dipende da un maggior numero di sostanze non volatili quali oli e solidi disciolti in tazza e la causa può essere ricollegata anche a una tostatura eccessiva o una sovraestrazione (tempo di contatto eccessivo). In questi casi, una maggiore corposità sarà anche accompagnata molto probabilmente da eccessiva amarezza, sentori aspri e una sensazione di astringenza e secchezza.

Tra i diversi metodi di estrazione del caffè ne possiamo trovare alcuni con filtro di carta e altri con filtri metallici. Dal momento che questi ultimi permetteranno un maggior passaggio di solidi e oli, la nostra tazza risulterà più densa e viscosa, ma allo stesso tempo anche meno limpida e brillante. Nel caso di una caffè espresso poi, la maggiore pressione dell’acqua permetterà una maggiore estrazione di sostanze solide in tazza e una maggior presenza di CO2 sotto forma di crema. Avremo quindi una percezione della corposità più piena e intensa rispetto a qualsiasi altro sistema di estrazione.



Per quanto riguarda la densità del chicco, questa si misura già dal grano verde e rappresenta il rapporto tra il suo peso e il volume, che si esprime infatti in gr/l. Ad un valore maggiore, corrisponde un numero di solidi più elevato che, se tostato correttamente, permette al caffè di averne una maggior concentrazione in tazza. Maggior densità può dipendere dalla specie, dall’altitudine, dal livello di maturazione o dal tipo di lavorazione. Un arabica sarà tendenzialmente più ricco in termini di corposità rispetto a una robusta perché più denso già da verde determinato dal fatto che cresce a diverse altitudini e contiene più carboidrati e più oli. A parità di altitudine e di estrazione invece, un caffè naturale risulterà più masticabile rispetto a un caffè lavato per la maggior presenza di zuccheri al suo interno.

Data la differenza di densità all’interno della nostra tazza e una progressiva stratificazione, dovuta a una sempre minore concentrazione di solidi disciolti col trascorrere dell’estrazione, è spesso consigliabile mescolare il liquido prima di assaggiarlo per amalgamare il prodotto più denso sul fondo con quello più liquido che sta in superficie.

Ruvidità, astringenza e gli inganni del tatto


Proprio come accade con i nostri polpastrelli, anche all’interno del palato sono definite positive le sensazioni lisce e morbide e risulta negativo il ruvido e il duro. Mentre però viene definita “dura” una tazza che oltre a dei difetti di natura tattile ha anche delle sensazioni gustative negative (eccesso di amaro e poca dolcezza), per il ruvido vale quasi solo l’esperienza tattile. Si definisce ruvida infatti una tazza che causa una sensazione di secchezza in bocca e provoca rugosità all’interno del palato. Si parla infine di astringenza quando una presenza abbondante di grane immature provoca una sensazione tannica che asciuga la bocca.


Altro aspetto estremamente interessante che riguarda le sensazioni tattili nel palato che per questo viene definito il “senso fantasma” sono le cosiddette sensazioni chemestetiche. Si definisce in questo modo quel tipo di percezione che viene attivata da alcune molecole chimiche che attivano recettori tattili e non gustativi, ingannando in questo modo la nostra mente. È il caso ad esempio del mentolo, che, producendo un senso di freschezza all’interno del palato, viene associato al sapore di menta, o della capseicina che trasmettendo una sensazione di piccantezza, viene ricollegato al sentore del peperoncino.