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AAA…personale cercasi: ma nessuno risponde

Questa è la storia del Chiosco Caffè Terzi in piazza Aldrovandi, a Bologna. Il racconto di un’attività costretta a chiudere in piena estate, fra rammarico e frustrazione, per mancanza di personale.

«Chiuso per mancanza di personale, ma se sei barista e vuoi lavorare chiama, così potremo riaprire»; così recita il cartello appena sul chioschetto al centro della piazza. I titolari cercano ormai da venti giorni personale qualificato al quale offrire 1.300 euro mensili per 40 ore di lavoro settimanali. Ma, di fronte a un muro di “no grazie” e sguardi allampanati, si trovano costretti a chiudere baracca e burattini per tenere aperto un altro bar da loro gestito, in piazza Oberdan.

Noi abbiamo parlato con Manuel Terzi, barista e imprenditore che per la prima volta nella vita si scontra con la realtà frammentata e forse viziata del lavoro odierno. Abbiamo letto la sua storia online e la stima che proviamo per questa professione nonché per la sua persona ci solleva un tale impeto di domande, dubbi e curiosità che ci spingono a volerne sapere di più.


Ciao Manuel. La notizia di questi giorni ci lascia esterrefatti. Che cosa puoi dirci sull’offerta del Chiosco Terzi?

Queste ultime settimane hanno lasciato esterrefatto anche me. Noi offriamo un’assunzione per barista di quinto livello per 40 ore settimanali, con la richiesta pre-assunzione di due o tre turni spezzati la settimana; l’assunzione è conforme alla legge ed alle norme del CCNL. Come sempre, vogliamo essere l’esempio del lavoro pulito e onesto.

Che cosa comporta il contratto che proponete ai nuovi dipendenti?

Prevede una retribuzione netta al lavoratore di circa 1300/1400€ al mese, per dodici mensilità, comprensive di 13ma e 14ma spalmata nei vari mesi,al netto dei contributi e dei versamenti pro TFR. Ogni ora di lavoro viene retribuita, inclusa mezz’ora prima dell’apertura oltre a un’ora per Oberdan e 30 minuti per il minuscolo chiosco dopo la chiusura per rassettare. Credo siano condizioni di tutto rispetto, soprattutto alla luce delle effettive possibilità di crescita. In questo momento un nostro collaboratore storico sta passando a terzo livello ed una nostra collaboratrice da poco assunta è passata da quinto a quarto, con passaggio di mansioni ed adeguamento retributivo.

Come ha colpito la pandemia sulla vostra attività?

Dunque, il nostro punto di vista è parziale e poco attendibile perché prima del lockdown il locale in Piazza Oberdan era ancora in affitto d’azienda, e il chiosco proprio non c’era. Siamo subentrati poco dopo, con un nuovo staff, ma eravamo già alla fine della quarantena. È proprio durante la pandemia che sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’interesse del pubblico: avevamo messo un annuncio su Linkedin e nel giro di poche ore mi sono arrivati più di 40 curriculum.

E subito dopo la pandemia? Cosa è successo?

Il personale, formato ma giovane, si è un è un po’ disgregato; alcuni bisticciavano fra loro, altri hanno preferito prendere diverse strade e altri ancora hanno fatto carriera quindi si sono messi in proprio e sono andati via. Insomma, bisognava faticare per ricostruire lo staff.

Prima delle chiusure forzate, cioè prima che la pandemia interrompesse le attività di ristorazione e caffetteria, avete mai avuto problemi nel reperire personale?

Mai di questa portata. Non ci era mai successo di dover chiudere un punto vendita.

Veniamo al dunque. In pochi o nessuno hanno accettato il vostro contratto. Perché? Che cosa cercano le persone che si propongono?

Me lo sono domandato anche io. Forse gran parte del personale bar pensa di non avere questa gran necessità di lavorare? […] noi per esempio abbiamo ricevuto rifiuti scandalizzati da persone con poca esperienza. È anche vero che noi cerchiamo qualcuno di già formato, visto che ormai siamo chiusi da due settimane e vorremmo riaprire immediatamente senza dover formare qualcuno, ma le risposte sbigottite delle persone che si sono proposte erano surreali. Alcuni si lamentavano degli orari (che in realtà sono quasi orario da ufficio, visto che apriamo alle 8 e chiudiamo alle 18), ma sono arrivati a contestarci gli orari spezzati e i turni troppo lunghi (mai più di 8 ore/giorno), quando in realtà i nostri turni non sono diversi da quelli di tante altre attività che per le stesse tempistiche orarie offrono molto meno compenso.

Forse questa è una domanda un po’ fuori dalle righe, ma perché pensi che si è arrivati a questa situazione?

Io temo che le cause di questa situazione non siano da imputare alle nuove generazioni. Ho paura che non siamo riusciti (ndr la generazione di lavoratori precedente) a trasmettere loro la sacralità del lavoro; la visione d’insieme deigiovani è temporalmente limitata,a causa proprio della giovane età ma non è una colpa. La colpa semmai è la nostra. Il sacrificio, la passione, l’impegno e la perseveranza sono valori che si insegnano e si trasmettono, e noi abbiamo in gran parte fallito […] senza voler puntare il dito, è comunque vero che per organizzarsi un futuro serve un capitale, ma non si può pensare che accontentarsi di prendere il sussidio di disoccupazione o il reddito di una cittadinanza sia una buona stradaper formarsi come individuo e come lavoratore ed affrontare il domani. Credo che noi purtroppo non abbiamo saputo trasmettere il senso del dovere e della marzialità alle nuove generazioni.

Che cosa dice la clientela riguardo questa chiusura?

Scriveva Umberto Eco ne “Il Cimitero di Praga”: “Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. L’odio è la vera passione primordiale. È l’amore che è una situazione anomala”. Oggi i social amplificano in maniera esponenziale ogni opinione e il tartassamento mediatico è sempre dietro l’angolo. Io ricevo attacchi personali da individui di cui non conosco nemmeno il nome. Da un lato sono esterrefatto ma dall’altro anche onorato che il mio caso abbia avuto così tanta risonanza. Nei nostri locali è era tutto a norma di legge ed è comunque esploso un caso social, ma dovrebbe accadere così nelle attività dove pagano in nero, maltrattano o sottopagano i dipendenti…

E i colleghi? Come si comportano di fronte a tutta questa attenzione che state ricevendo?

I miei amici e collaboratori sono persone che stimo e rispetto, mi stanno dando un grande supporto in questi giorni. Mi scrivono conoscenti da tutta Italia per mostrarmi la loro solidarietà. Credono in me come io credo in loro.

Tu cosa ne pensi di chi offre un lavoro sottopagato o in nero?

Per me è una cosa che non dovrebbe esistere. Il lavoro si paga, sempre. Da quanto è esploso il caso mediatico ricevo centinaia di candidature giornaliere, solo domani ho dieci nuovi colloqui da fare. Io credo che se lo stato italiano vessasse meno gli imprenditori non ci sarebbero così tanti lavoratori in nero […] la mia esperienza personale è molto diversa: io da ragazzo ho lavorato pure gratis per imparare il mestiere, ma oggi i tempi sono cambiati e questa cosa non è più accettabile, nemmeno di fronte a un periodo di formazione. Condanno assolutamente tutte le forme di lavoro in nero, malpagato o sottopagato.

Però in Italia il mondo del lavoro è un buco nero di incertezze e complessità. Concordi?

Decisamente sì. È una faticaccia stare in regola e seguire tutte le leggi nel mondo della ristorazione. Se io avessi aperto la mia attività da poco sarei sicuramente andato in bancarotta, lo dico senza peli sulla lingua […] se oggi devo fare un conto commerciale prendo atto che fra tasse e doveri fiscali, la marginalità è estremamente ridotta: come può sopravvivere un’attività in fase di start up?

Conosci altri nella tua stessa situazione o che hanno dovuto chiudere la propria attività per mancanza di personale?

Si, moltissimi. Bar, ristoranti ed alberghi a Bologna ma non solo. I consumi sono alle stelle, le entrate non riescono a coprire i costi […] qualche giorno fa ho chiamato un cliente a cui fornisco caffè perché ho notato che i suoi consumi erano duplicati e volevo contattarlo per fargli i miei complimenti. Ho scoperto poi che i suoi acquisti di caffè erano aumentati perché due bar nella sua stessa via erano stati costretti a chiudere la mattina per mancanza di lavoratori e quindi gli si sono riversati al bancone molti più clienti rispetto a prima.

Vedi qualche soluzione nell’immediato futuro?

Sarò drastico: no. Io non ho tutte le risposte, conosco bene il mio caso ma so che la situazione sta progressivamente peggiorando e andrà avanti così finché la realtà non diventerà meno scomoda per tutti. D’altra parte, noto con una certa felicità che tantissimi giovani arrivano invece da me con voglia di lavorare e di sacrificarsi per diventare baristi. In questo momento sono fra incudine e martello ma nel mio piccolo rimango positivo per l’avvenire perché tanti clienti e amici ci regalano ogni giorno grandi soddisfazioni.