Dopo l’acqua il caffè è la bevanda simbolo della quotidianità in Francia. Più di otto francesi su dieci bevono un caffè nero o caffè latte almeno una volta giorno a colazione e il 67% della popolazione consuma caffè in capsula o in cialda. Il mercato è ancora dominato dalle Nespresso seguito da cialde e capsule di altre aziende. Per il resto, gli amanti del caffè, lo comprano macinato, ma anche in grani, le cui vendite sono aumentate del 30%.
Il caffè originariamente è un arbusto, un frutto, esposto a diverse malattie come la ruggine causata dal fungo Hemileia vastatrix. Per difendere la pianta dagli attacchi di malattie, i coltivatori utilizzano sostanze fitosanitarie. Tuttavia tra le cinquantuno confezioni sottoposte a vaglio in nessuna di esse sono state rilevate tracce di pesticidi. Una delle spiegazioni valide è che sottoponendo i chicchi verdi di caffè ad alte temperature durante la fase di tostatura, vengono distrutte o volatilizzate la maggior parte delle molecole di pesticidi, risultando non nocivo per la salute dell’uomo.
La tostatura elimina i pesticidi ma, in compenso, ha lo svantaggio di formare idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Questi possono derivare anche dall’inquinamento ambientale, soprattutto durante l’asciugatura quando avviene in prossimità di una strada frequentata da molti veicoli. Alcuni di questi composti sono riconosciuti come cancerogeni dalle autorità sanitarie. Ma non ci sono regolamenti per i residui di IPA nel caffè, a differenza di oli e grassi utilizzati per il consumo umano. Fortunatamente, la maggior parte dei nostri caffè ha livelli molto bassi di IPA, quindi innocui per la salute.
Tutti i caffè sono leggermente contaminati da acrilammide, un’altra sostanza indesiderata nelle nostre tazze che Si forma anche durante la tostatura. Il caffè è anche il secondo maggior contributore all’esposizione all’acrilammide negli adulti, dietro le patate fritte o saltate. Sospettato cancerogeno, questo composto non deve superare la soglia di 400 µg/kg nel caffè tostato. Tuttavia, si scopre che alcune cialde e capsule oggetto di studio sono tutte leggermente contaminate, con quantità di acrilammide comprese tra 78 µg/kg a 345 µg/kg.
Sui prodotti decaffeinati il contenuto di caffeina non deve superare lo 0,1% del peso secco ma i risultati sono deludenti. In particolare per quattro referenze in cui la caffeina supera la metà della soglia autorizzata (500 mg/kg di caffè tostato). Se ci riferiamo a una tazza, questa rappresenta da 2 a 5 mg di caffeina per tazza contro i 75-100 mg in media per un “piccolo nero”. Altra domanda legittima per gli amanti del deca: ci sono tracce di solventi? Ovviamente questo dipende dal metodo di estrazione, con acqua o tramite un solvente come il diclorometano. Peccato che la confezione non lo dica. Comunque sia, le dieci referenze di decaffeinato analizzate contengono residui di solvente, ma in piccole quantità tali da non interferire sulla salute.
Infine, sono stati cercati corpi estranei nei chicchi di caffè e nel macinato ed il risultato è che sono stati rintracciati numerosi frammenti di insetti da 80 nel caffè macinato a 83 nel caffè in grani. Questi “intrusi” non rappresentano un pericolo per il consumatore, ma la loro presenza è poco appetibile.
FONTE: 60 miliions de consommateurs