La sostenibilità continua a essere un tema di grande importanza in tutto il mondo. Ovunque la ricerca per un impatto più sostenibile ha creato soluzioni e metodi diversi di produrre ciò che abitualmente consumiamo. Fondamentale è stato il percorso per l’industria del caffè. Dal chicco fino alla tazza, il nostro settore ha cambiato radicalmente la propria filiera per amalgamarsi meglio con il futuro del nostro pianeta. Vero è, però, che fra i tanti problemi ambientali con cui ci interfacciamo ogni giorno, c’è ancora quello legato alla deforestazione.
Continua a esserci una significativa lacuna di conoscenza su questo problema, che porta indiscutibilmente a una serie d’idee sbagliate e compromettenti su quanto, quando e dove la deforestazione è guidata dalla produzione di caffè. Come membro dell’European Coffee Fedearion, Max Fabian si è trovato più volte di fronte a questo problema apparentemente irrisolvibile: «pare che l’UE cerchi di limitare il caffè che proviene da zone deforestate, impedendogli di arrivare fino a noi, ma in questo modo il paese produttore rischia di non ottenere alcun ricavo nel mercato dalle sue coltivazioni».
Dati recenti suggeriscono che la deforestazione potrebbe essere un ostacolo più grande del previsto nel settore del caffè. «Il principale problema della deforestazione e il legame tra quest’ultima e il settore del caffè esiste da tanto tempo – ci racconta Sara Morrocchi – perché già negli anni ’90, quando la deforestazione non era ancora un argomento sulla bocca di tutti, si cercava di sviluppare un modello di coltivazione più piccolo e in grado di adattarsi meglio al territorio […] quando invece l’attenzione si è spostata sul cambiamento climatico, ci siamo accorti che le zone di coltivazione sotto i 2000mt erano diventate troppo calde, quindi le piantagioni si sono spostate più in alto, deforestando il terreno circostante».
Cos’è la deforestazione e come si relaziona alle coltivazioni di caffè
Nella sua definizione più semplice e lineare, la deforestazione è la rimozione di alberi e arbusti volta ad aumentare la superficie terrestre per scopi agricoli, commerciali e abitativi. Dove prima c’erano foreste e boschi, compaiono terreni aridi e privi di vegetazione. Questo crea problemi ambientali come crolli, valanghe e inondazioni; perché se prima c’erano foreste a evitare che le montagne crollassero fino a valle, ora non ci sono più. Tutto ciò senza contare altri gravi disastri legati alla fauna, perché gli alberi e più in generale le foreste sono l’habitat di molte specie animali.
È noto da tempo che la deforestazione si verifica anche nelle regioni dove è coltivato il caffè, in particolar modo nelle foreste pluviali e nei paesi tropicali, terre dove il caffè copre oltretutto un’abbondante fetta del mercato locale. È innegabile che la deforestazione possa avvenire nelle piantagioni di caffè per fare spazio a ulteriori coltivazioni, ma può avvenire anche su terreni pubblici o protetti nelle vicinanze, a causa di uno scarso controllo delle autorità e di una mancata sensibilizzazione sui temi ambientali. Proprio perché la deforestazione spesso avviene per cause diverse da quelle delle coltivazioni (basti pensare alla necessità di legna da ardere), non esiste una definizione univoca per la deforestazione nelle terre coltivate a caffè.
«Ovviamente, – dice Max Fabian – i paesi produttori che sono nella fascia sub tropicale hanno una condizione economica che non è la stessa dei paesi sviluppati e consumatori. L’Unione Europea ha deciso di voler essere leader verso un mondo che pone più attenzione a quest’aspetto, e tutti noi dobbiamo impegnarci […] è necessario stimolare un circolo virtuoso che parta dall’Unione Europea e che si diffonda a macchia d’olio nei paesi produttori e nei loro confini; un circolo conforme alle leggi dei paesi che producono ed esportano caffè, per conformarsi agli ordinamenti statali e territoriali».

Gli sforzi dell’Unione Europea per il contrasto della deforestazione
Le istituzioni europee provano da qualche anno a redigere un regolamento piuttosto ambizioso volto a contrastare la deforestazione. Nei primi giorni di dicembre del 2022 si è trovato un accordo fra Parlamento e Consiglio europeo che vincola per tutti i paesi dell’Unione le importazioni di caffè da paesi dove il tasso di deforestazione è alto. Nel concreto, l’accordo rende obbligatorio per le aziende che importano caffè a verificare che le merci non abbiano portato alla deforestazione e al degrado forestale, e siano quindi state prodotte senza recare danni all’ambiente. Sarà oltretutto compito delle singole aziende controllare il rispetto della legislazione pertinente del Paese di produzione, fra cui diritti umani e produzione equa e solidale per le popolazioni che coltivano e producono caffè.
Quest’accordo, fra le altre cose, spinge verso un’accelerazione sul tema della deforestazione, estendendo a molti dei territori sub tropicali lo status di area protetta. La normativa prevede che il 30% di questi territori ricevano questo status entro il 2030. Si tratta di un obiettivo complesso ma lungimirante, anche se non è escluso che nel corso dei prossimi anni non si trovi davanti a difficoltà e allungamento delle tempistiche. «Queste nuove policy – interviene Sara Marrocchi – creeranno altri criteri per importare caffè e, sebbene siano necessarie, stanno già attirando le attenzioni di critici e scettici. I nuovi standard non chiarificano chi dovrà pagare per gli investimenti nelle filiere, e più in generale l’intero settore del caffè si sente ancora impreparato alle nuove regolamentazioni. Parliamo di caffè da 15 anni e siamo ancora anni luce dal trovare le soluzioni che fra digitalizzazione e infrastrutture ci permetterebbero di iniziare questa transizione senza problemi».
Perché la deforestazione è un problema nell’industria del caffè
Capire la gravità della deforestazione nella produzione di caffè è difficile. Inizialmente, chi si riforniva di caffè aveva un’idea piuttosto ingenua circa la deforestazione ma, esplorando il problema, ha appreso che all’interno di molti paesi in cui il settore del caffè è sviluppato, la quantità di aree deforestate è significativa. In questo senso, il caffè non è necessariamente un motore di deforestazione, ma è coltivato su terreni in cui la deforestazione si verifica a ritmi incessanti. Riconoscere che ci sia quindi una stretta correlazione fra caffè e deforestazione, non necessariamente guidata dalla legge del causa-effetto, è il primo timido passo per mitigare il problema.
La causa principale della deforestazione è, e rimane, l’aumento della popolazione. Un sovraffollamento di alcune aree abitate porta a un abbattimento delle aree verdi circostanti. Che questo avvenga in concomitanza con le coltivazioni di caffè, è un fattore sì innegabile, ma anche casuale e inevitabile. È comunque molto difficile misurare con precisione i livelli di deforestazione, perché avvengono in maniera lenta ma costante, e perché rendono compromesse aree solitamente lontane dalle piantagioni di caffè, perciò per torrefattori ed esperti risulta impossibile ottenere dati accurati.
In che modo il settore del caffè può ridurre, mitigare o interrompere la deforestazione?
Sembra proprio una domanda-sfida. Sicuramente è un bel quesito da porsi. Per comprendere l’intera portata della deforestazione nell’industria del caffè è necessario considerare e valutare i dati lungo l’intera filiera e la catena di approvvigionamento. Capire quanto sia grave il problema e assumersene la responsabilità è un impegno e un onere che non tutti vogliono o sono in grado di ricevere.
Una delle eventuali soluzioni è potenziare le singole comunità produttrici di caffè, pagando quindi prezzi più alti, per rafforzare le relazioni commerciali dirette con chi si occupa di coltivare le piantagioni di caffè. Se la produzione diventa più redditizia per i singoli individui, sarà più facile per i produttori adottare pratiche agricole riparatrici e preventive, nonché sviluppare metodi di lavoro equi e solidali volti a pagare di più i raccoglitori. Certo, questa è una bella soluzione ma anche un’idea un po’ utopica in un mondo dove chi possiede il capitale ha come obiettivo quello del risparmio, e non quello del bene comune. Un’altra soluzione che fa gola a molti ma che appare ancora un miraggio è di investire nella ricerca: il suggerimento di Sara è di sviluppare una varietà di caffè con caratteristiche genetiche in grado di affrontare il cambiamento climatico nel corso del lungo tempo. Il problema è che nell’industria del caffè la ricerca è assente o molto frammentata, comunque non in grado attualmente di essere una soluzione attuabile.

Un’alternativa è di riforestare le zone deforestate. Si tratta di mettere in atto una serie di interventi volti a donare alle aree lasciate prive di vegetazione un nuovo sub-strato di alberi, boschi e foreste. Le nuove tecnologie permettono oggi agli agricoltori di riforestare i terreni con piante e arbusti dalla crescita rapida. Questa soluzione potrebbe aprire la strada ai professionisti dell’industria del caffè non solo per monitorare la deforestazione nelle aree in cui sta già avvenendo, ma anche per preventivare nuove deforestazioni e cogliere l’opportunità per offrire altre soluzioni, tra cui la reforestazione.