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Torniamo a parlare di Carbon Neutral: proseguono i progetti per il 2030

Anche il settore del caffè sta facendo passi da gigante nella lotta alle emissioni di CO2. Da tre anni il mondo espresso si è adattato alle nuove policy previste dalla norma Carbon Neutral e i risultati sono incoraggianti

Nel settembre del 2020 la Commissione Europea ha proposto un obiettivo piuttosto lungimirante nell’ambito del Green Deal: ridurre le emissioni di gas serra entro il 2030. Si tratta di un provvedimento di lunga durata che consentirà all’Unione Europea di fare importanti passi avanti verso un’economia più neutra e più ecologica. Non a caso il progetto si chiama Carbon Neutral. Quest’accordo della validità di 10 anni, si pone l’obiettivo di limitare o quanto meno impedire l’avanzata del riscaldamento globale, un problema sempre più evidente e preoccupante. Queste nuove politiche ambientali sono volte a migliorare il livello di inquinamento, non solo per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo, ma proprio per favorire il naturale susseguirsi dei processi di surriscaldamento e congelamento del suolo.

Il Carbon Neutral Plan è stato firmato da 190 paesi, e interessa tutti i settori dell’economia e del mercato di ogni Stato membro. La proposta prende in considerazione ogni azione possibile che, da qui al 2030, sarà necessaria per realizzare un aumento dell’efficienza energetica. Queste decisioni legislative hanno messo in moto molti cambiamenti in ogni settore, e non ne è escluso quello del caffè.

 


In che modo caffè e sostenibilità possono trovare un punto di incontro?

Prima di rispondere a questa domanda, è necessaria una piccola digressione. Innanzitutto, ridurre l’impatto ambientale di chi produce caffè e di chi lo consuma, è un percorso ricco di problematiche e costellato da imprevisti, ostacoli e reticenze. Quindi, prima di capire come produrre e consumare un caffè sostenibile, è doveroso ammettere che il cambiamento non può che partire dai singoli individui e da una mentalità che deve transitare verso un’idea di caffè più equo per tutti. La connessione fra pianeta, profitto e persone che lavorano deve sempre essere considerata insieme a fattori ambientali e sociali in relazione a quelli economici. I programmi di sostenibilità come Carbon Neutral 2030 dimostrano che non solo c’è una volontà di cambiamento, ma che avvicinarsi ad un’economia più sostenibile è nettamente più facile rispetto anche solo a 10 anni fa. Le nuove tecnologie e la sensibilità delle ultime generazioni alle tematiche ambientali hanno finalmente smosso le acque perché anche le grandi industrie, non solo del caffè, si muovessero verso una soluzione comune.

Detto ciò, possiamo venire al dunque. Come tutti i settori ampiamente sviluppati e consolidati nell’economia mondiale, anche il caffè produce materiali di scarto, residui, polveri sottili e grandi quantità di emissioni. Insomma, è un settore sovra-sviluppato e produce tanto quanto consuma. Sarebbe utopico e forse un po’ sciocco aspettarsi o sperare che il caffè possa essere un perno di sostenibilità cui ruotano attorno tutti gli altri settori. Però, è anche vero che le strade per un caffè sostenibile esistono e sono diverse e le torrefazioni, da quelle grandi a quelle più piccole, le stanno percorrendo.

 


Comprendere meglio la produzione del caffè a zero emissioni

Si stima oggi che la produzione di una singola tazza di caffè, produca emissioni di gas serra equivalenti a quelli di una macchina Euro5 che circumnaviga la terra per circa 1000 alle volte al giorno. I livelli sono attualmente i più alti mai registrati e ad accorgersi di questo grave problema non sono solo le istituzioni governative dei singoli paesi, ma anche le grandi industrie di torrefazione. Sono dati che devono far riflettere e che impongono inevitabilmente un cambio di rotta.

Le criticità derivanti dal caffè tuttavia non si fermano qui: la produzione di caffè a livello agricolo è anche una causa collaterale della deforestazione, di cui abbiamo parlato meglio in quest’articolo. Al di là di questo, è fondamentale ricordare che le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di caffè variano da paese a paese. Questo è il primo ostacolo per un mondo libero da emissioni: è difficile creare una soluzione che possa essere valida per tutti, perché le esigenze e i metodi d’approccio cambiano in ogni paese.

La coltivazione di caffè a emissioni zero o addirittura a emissioni negative è un processo a lungo termine e richiede una pianificazione dedicata. Negli ultimi tre anni anche i colossi e le catene del caffè su grande scala hanno iniziato a fissare obiettivi per ridurre le emissioni. Attraverso iniziative dedicate, anche Lavazza e Starbucks hanno modificato la loro catena di approvvigionamento per un miglioramento collettivo. Dal nutrimento del suolo, alla riduzione dell’uso dei fertilizzanti chimici, tutto è volto al miglioramento delle condizioni del terreno e dell’aria. Migliori pratiche agricole si sono rivelate la soluzione vincente e fondamentale per ridurre le emissioni di CO2.

Come possiamo produrre un caffè a emissioni zero?

 

L’attenzione alla negatività del carbonio può aiutarci a ripristinare una buona parte dell’equilibrio ambientale. Per raggiungere questa neutralità nel settore del caffè, è necessario rallentare il ciclo constante dei disastri ambientali. Anche la sostenibilità economica tuttavia non è da trascurare. Con la crescita del mercato del caffè a emissioni zero, è fondamentale che i coltivatori possano tenere il passo con le mutevoli richieste e nuovi standard da rispettare. Per farlo, il caffè deve raggiungere, ovunque nel mondo, uno standard di equità sociale e ambientale, proprio perché i coltivatori siano in grado di trasformare le loro coltivazioni di caffè in un ambiente sostenibile.

A questo proposito, sono diverse le filiere che nel giro di pochi anni hanno rivoluzionato il loro modo di produrre ed esportare caffè. Oltre a nomi già citati e famosi come Lavazza e Starbucks, hanno ripensato alla propria filiera come a una catena che necessariamente doveva trasformarsi per sopravvivere secondo gli standard dei prossimi 8-10 anni. Ma anche realtà oltreoceano hanno scoperto nuovi modi di esistere sul mercato, in modo razionale e sostenibile: ne sono esempio Café Inloher in Honduras e il caffè proveniente dalla regione Cerrado in Brasile. Qui, le piccole e grandi aziende produttrici di caffè, si sono evolute tecnologicamente per poter esportare un caffè a zero emissioni in tutto il mondo. Con il loro esempio, tante altre realtà dell’America Meridionale hanno capito come produrre un caffè in maniera più sostenibile e sono in grado oggi di esportarlo in Europa migliorando nettamente i livelli di emissione prodotti ogni giorno.

Il caffè a emissioni zero non è un cambiamento facile e tantomeno rapido: oltre a quanto già detto, la produzione deve anche scontrarsi con gli interessi personali di chi fino ad ora ha prodotto tanto a poco prezzo. Non è un interesse di poco conto, perché significa cambiare radicalmente le proprie abitudini. Se fino ad ora molti torrefattori erano abituati a pagare poco per il caffè che importavano, adesso avranno una spesa maggiore a fronte di un bene comune, quello del pianeta. È uno scoglio contro cui le istituzioni dovranno ancora scontrarsi più volte prima di trovare una soluzione che soddisfi tutti coloro che dal caffè hanno un importante tornaconto economico.

Ma quando la posta in gioco è il benessere del pianeta, sostenibilità e pulizia diventano tasselli da cui non si può scindere. La sfida verso il 2030 ormai è iniziata e le soluzioni comuni per questo problema stanno lentamente venendo a galla. Dopo il 2030 è già previsto un nuovo piano contro le emissioni, un progetto che durerà fino al 2050 e, con l’impegno di istituzioni, torrefazioni e coltivatori, riusciremo ad ottenere risultati soddisfacenti per le persone e per il pianeta.

 

*si considera una tazza da 40ml prodotta con diversi metodi di estrazione

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2352550921001160?via%3Dihu

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