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Ocratossina A,  cos’è e come difendersi 

In qualsiasi punto della filiera di produzione del caffè quando c’è il rischio di avere un ambiente adatto allo sviluppo di funghi e alle muffe c’è sempre il rischio che si possa sviluppare l'ocratossina A, indicata anche come OTA.

Il caffè che noi conosciamo, cioè la bevanda che quotidianamente assumiamo per la sua dose di caffeina e per il suo straordinario flavore, è il prodotto di una filiera lunghissima e complessa.


La pianta del caffè gradisce climi tropicali e quasi tutti i paesi compresi nella fascia equatoriale del pianeta producono quei semi che rappresentano una delle merceologie più importanti al mondo per valore. La produzione del caffè avviene in regioni con un clima caldo e umido, caratteristica che permette alla pianta di prosperare e produrre un frutto di alta qualità. Come in tutte le piantagioni l’umidità è un fattore che favorisce la proliferazione di funghi, insetti e parassiti delle piante. Per questo motivo la pianta del caffè e i suoi frutti sono colpiti soprattutto da due malattie, la “Coffee Leaf Rust” che attacca le foglie e la “Coffee Berry Desease” che attacca le drupe. Per questo motivo i coltivatori adottano pratiche agricole e trattamenti al fine di proteggere la pianta e i frutti dalle malattie.


Come si forma l’OTA in piantagione

Archivio Demus Lab


La raccolta delle drupe che giungono alla perfetta maturazione è un’operazione importantissima per la qualità e la salubrità dei chicchi. Infatti è necessario, nel più breve tempo possibile, portare l’umidità delle drupe da un iniziale 65% al 12%. Questa diminuzione di umidità è necessaria per consentire ai chicchi di essere conservati in una condizione “stabile” che non ne comprometta la qualità e la salubrità. Infatti, con una percentuale di umidità oltre il 14%, si crea l’ambiente ideale per la proliferazione di muffe e funghi. In qualsiasi punto della filiera di produzione del caffè quando c’è il rischio di avere un ambiente adatto allo sviluppo di funghi e alle muffe c’è sempre il rischio che si possa sviluppare l’ocratossina A, indicata anche come OTA.




L’OTA è una micotossina prodotta da quei funghi che sono tipici della conservazione dei prodotti come il caffè verde, i cereali come il grano, l’orzo, il mais, l’avena, le fave di cacao, le spezie, la liquirizia e molte altre. I funghi responsabili dell’OTA possono svilupparsi in diversi punti della filiera e in particolare in quelli dove il prodotto viene a contatto con un tenore di umidità che ne permette il proliferare. Per questo motivo il lavoro di processamento del caffè in piantagione deve essere fatto con grande cura e attenzione, ponendo grande attenzione a tutte le fasi di lavorazione. Nei paesi di origine le fasi più delicate che è necessario controllare maggiormente per evitare la contaminazione da OTA sono la fase di asciugatura del caffè, quella successiva di stoccaggio nei sacchi e il trasporto verso i paesi di consumo.


La fase di asciugatura del caffè avviene in diversi modi e questi dipendono innanzitutto dal processo di lavorazione: con la drupa intera nel metodo naturale e il chicco in pergamino nei metodi semi naturale, semi lavato e lavato. L’asciugatura più veloce e senza rischi di proliferazioni di muffe e funghi si ha quando il clima durante la raccolta è soleggiato e secco. Queste condizioni permettono ad un’asciugatura veloce e a uno stoccaggio ottimale. Quando invece le condizioni alla raccolta sono di pioggia, poco sole e umidità alta, è necessaria una straordinaria attenzione al rimescolamento dei frutti e dei semi e al controllo dell’umidità. Per questo motivo in queste condizioni di clima i paesi di produzione impiegano il processo lavato che permette di ottenere al termine un chicco in pergamino pulito dalla mucillagine che può essere asciugato meccanicamente con aria calda.



Lo stoccaggio del caffè e il trasporto verso i paesi di consumo è una fase altrettanto delicata se non è controllata con scrupolo e attenzione. I rischi di OTA si hanno quando il magazzino non è adeguatamente climatizzato, quando c’è la presenza di infiltrazioni di acqua, quando i sacchi sono posti direttamente a contatto con il pavimento umido. Durante il trasporto i rischi di contaminazione aumentano quando all’interno del container avviene il cosiddetto fenomeno del “trasudamento”. In questo caso le temperature elevate diurne fanno evaporare all’interno del container parte dell’umidità dei chicchi che, di notte, con l’abbassarsi delle temperature, si condensa sulle pareti metalliche fredde procurando una vera e propria “pioggia interna”. Per questo motivo è importante caricare il caffè con un’umidità sotto il 12% installando all’interno dei container sacchi deumidificatori e ricoprendo le pareti con fogli di carta. Un altro modo per preservare un buon “micro clima” per lo stoccaggio del caffè verde è quello di insaccarlo in sacchi dotati del cosiddetto “grain pro”, un sacco di materiale plastico microforato adatto alla conservazione delle granaglie.


Gli obblighi per il torrefattore

Tutte queste attenzioni rivolte al contenimento delle proliferazioni di muffe e funghi sono necessarie per non compromettere la salute dei consumatori. L’OTA è una micotossina dannosa per la salute umana tant’è che è stata classificata tra le tossine potenzialmente cancerogene dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). L’EFSA ha trovato che gli effetti dell’OTA sull’uomo si manifestano con un’azione tossica che sfocia in nefrotossicità, danni al fegato, enteriti, teratogenesi e cancerogenicità a carico dei reni.




Il Regolamento UE 2022/1370 del 5 agosto 2022 integra l’elenco dei prodotti alimentari che, ancorché consumati in modiche quantità, contribuiscono all’esposizione umana all’ocratossina A. Il nuovo Regolamento riduce i tenori massimi vigenti di OTA nei prodotti da forno, uve secche, caffè torrefatto e solubile, infatti nel caffè torrefatto in grani e macinato il limite si abbassa da 5μg/Kg a 3μg/Kg. Per questo motivo è necessario un monitoraggio più attento e frequente del caffè crudo, dove il limite per l’OTA rimane ancora valido di 8μg/Kg come valore guida stabilito dalla Circolare Ministeriale n° 10 del 09/06/1999 (G.U. n° 135 del 11/06/1999). È quindi buona norma controllare periodicamente i lotti di caffè verde che maggiormente possono essere a rischio di contaminazione di OTA, per esempio tutti quei caffè che provengono da paesi dove le condizioni climatiche durante la raccolta e il successivo stoccaggio sono particolarmente umide e quelle dove il caffè è lavorato in condizioni igieniche e di pulizia precarie (per esempio quei caffè fatti asciugare direttamente sul terreno).




Le torrefazioni dunque devono prevedere un piano interno volontario di controllo dei livelli di OTA nei caffè che utilizzano per evitare di immettere sul mercato delle partite contaminate che potrebbero nuocere alla salute dei consumatori e dar luogo a procedimenti giudiziari penali. Le analisi dei livelli di OTA sono fatte da laboratori chimici specializzati e accreditati. La pericolosità dell’OTA nel caffè è determinata anche dal fatto che sia molto resistente alle alte temperature e che non si degrada in tostatura, anche se è stato dimostrato scientificamente che una tostatura più scura può abbattere la quantità della micotossina un po’ di più rispetto a una tostatura chiara.


Archivio Demus Lab



È utile sapere che in caso di un caffè verde contaminato da OTA è possibile rivolgersi all’azienda Demus di Trieste che detiene un brevetto di rimozione della microtossina attraverso l’utilizzo del diclorometano in particolari condizioni di lavorazione.