Attualità

Starbucks vs caffetteria italiana: due esperienze a confronto

L'apertura di Starbucks in Campania segna l'avvento di un nuovo modo di concepire il caffè dal pubblico napoletano.


L’arrivo di Starbucks in Campania è un evento epocale destinato a modificare per sempre la percezione dei napoletani della bevanda caffè. Per poter comprendere a fondo il perché e il come dell’impatto di Starbucks sulla comune percezione dei consumatori, occorre guardare un po’ più attentamente ciò che questa Caffetteria Living rappresenta per chi si concede un momento di pausa. 

Analizziamo, dunque, quali sono le principali differenze tra una caffetteria italiana ed una così come concepita dal colosso di Seattle. 


Tempi

La prima grande differenza tra il nostro modo di concepire la caffetteria/bar e quello di Starbucks è la diversa gestione del tempo. In Italia (e Napoli non fa certo eccezione) il caffè si consuma quasi sempre al banco, accompagnati e soprattutto di fretta. Una pausa caffè dura in media 5 minuti: si entra, si paga, si chiede il caffè, si beve il caffè, si saluta, si esce. Andare da Starbucks, invece, implica quasi sempre un break più lungo. Ci si accomoda soli o accompagnati e raramente ci si alza prima di mezzora.  


Spazi

Quanto appena accennato sulla permanenza media nei rispettivi luoghi del caffè, spiega anche la diversa concezione degli spazi. Il bar/caffetteria italiano è spesso piccolo, stretto e non necessariamente ha dei posti a sedere. Il suo cuore è il bancone, tanto più grande quanto maggiori sono i consumi. Entrare da Starbucks è quasi sempre entrare in un luogo dal design da copertina: sofa, divani e sedie in pelle, tavoli di legno solido, illuminazione stile industrial, pezzi di modernariato e graffiti posti in luoghi strategici. Una volta seduti vien voglia di restarci. Ci sono prese usb disponibili, tavolini pensati per lavorare ai laptop e stations in cui potersi servire da soli di condimenti da caffè, oltre a bagni comodi e ripuliti costantemente. 



Rapporto con il personale

Un’altra differenza abissale tra l’esperienza “italiana” di caffetteria e quella “americana” è il rapporto con il barista. Nel nostro Paese il barista è una sorta di confidente, egli conosce gusti, vezzi e preferenze di tutti i clienti abituali, e con lui anche chi è alla cassa dopo poco inizia a ricordare ogni personalissimo rituale. Mentre si consuma un caffè al banco spesso si scherza con il barista, ed altrettanto accade con gli altri clienti abituali. Il banco del bar diviene, spesso, un luogo di ritrovo, in cui abbandonarsi in conversazioni leggere. Non è un caso che si sia addirittura coniato il termine “chiacchiere da bar”, per indicare quelle conversazioni che non hanno alcun appiglio scientifico ma che piuttosto sembrano assomigliare ad uno sfogo libero. Da Starbucks la comanda non è chiamata “a voce” ma inoltrata su uno schermo, il caffè non si attende al banco ma ovunque in caffetteria, poiché il proprio turno è annunciato dalla voce di chi è al service che grida al mondo il tuo nome fino a quando non ti presenti a ritirare quanto ordinato. Non c’è conversazione col barista, tantomeno con gli altri frequentatori. 



 

Menu

L’Espresso? E’ una storia italiana. Sebbene anche da noi il caffè a sé stante sia oggi sempre più spesso accompagnato da bevande a base latte, l’espresso rimane un cavallo di battaglia in tutta Italia, dove grazie alle diverse abitudini, ai differenti stili di torrefazione ed alle preferenze dei consumatori, si presenta in altrettante varianti, fatte di miscele, origini, colori di tostatura, ricette e tecniche di preparazioni diverse da nord a sud del Paese. Tutt’altro mondo è Starbucks. Qui l’espresso è solo la base di una serie di bevande latte, che rappresentano il vero motivo della visita di quasi tutti i clienti. Cappuccino, Frappuccino, Mocaccino, Caramel macchiato ed oggi anche Oleato sono solo alcuni dei must di questa Macro Roastery, in grado di conquistare negli anni i palati di milioni e milioni di giovani in tutto il mondo. 


Costi

La conseguenza di tutto quanto appena spiegato è, ovviamente, un diverso costo della bevanda finale. Lunghi tempi di permanenza, spazi ampi e finemente arredati, tecnologia e prodotti in cui spesso compaiono tanti ingredienti (latte, caffè, sciroppi aromatizzati, praline, spezie in polvere, zucchero, ecc.) comportano evidentemente un diverso impatto economico. Non sarà quindi l’espresso a costare molto di più (mediamente il 30-40% in più) quanto piuttosto le bevande caffè più articolate, con picchi che possono arrivare anche fino a 6 €, che se letti in maniera distratta dalla realtà appena descritta possono sembrare tanti rispetto ai 1,80 € di un cappuccino made in italy. 


 

Conclusioni

A questo punto, occorre fare alcune considerazioni. Starbucks non rappresenta, ad oggi, un vero concorrente alla caffetteria italiana. Almeno non lo è in relazione a quella fetta di consumatori che intendono la pausa caffè come qualcosa di espresso e sbrigativo. Non lo è nemmeno per coloro che sono abituati ad andare al bar più di una volta al giorno. Starbucks aiuta a consegnare al caffè (inteso come rituale) una posizione più alta nel mondo della gastronomia, grazie al tempo che ed all’impegno economico che bisogna dedicare ad una coffee experience più cosciente. Starbucks ci aiuta a ricordare quanti prodotti si possono ricavare dal caffè (espresso, americano, filtro, cold brew, nitro, latte, aromi, olio, ecc.) e come una caffetteria può vivere di solo coffee business. Starbucks, ove la sua espansione risulterà premiata, ci insegnerà a superare il luogo comune che vuole che per un caffè si spenda 1 € o poco più, dimostrando che tutti siamo disposti a spendere un po’ di più in cambio di una sedia comoda, un bell’ambiente e un po’ di creatività.