L’Istituto Espresso Italiano, di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè altre aziende della filiera, tutela e promuove da 25 anni la cultura dell’espresso. L’edizione 2023 di IEI Connect è stato l’appuntamento promosso dall’istituto Espresso Italiano per approfondire il tema della sostenibilità sotto ogni suo aspetto. Le tre aree d’interesse vertevano su PEOPLE-PLANET-PARTNERSHIP, tre figure retoriche che nella filiera occupano una posizione di rilevanza. Questa triade semplifica un concetto molto chiaro all’interno del mondo del caffè, e cioè che la sostenibilità nel settore è ormai un tassello chiave sotto ogni aspetto di coltivazione, produzione e vendita di caffè.
L’incontro del 5 maggio è stata un’occasione pensata per il coffee business italiano nell’ottica del confronto e valutazione delle pratiche che ci rendono soggetti consapevoli. Sia in termini economici, ambientali e sociali, tutti noi abbiamo il dovere di interfacciarci con la realtà dei fatti: serve un mondo più sostenibile. IEI ha dunque proposto questo primo contatto come punto di partenza per le aziende del settore, grandi e piccole, in modo che la riflessione su cosa è la sostenibilità e come raggiungerla partisse proprio dai partecipanti al meeting.
Il concetto di sostenibilità è stato affrontato in maniera trasversale. Si è partiti dall’analisi filosofica sulla sostenibilità per arrivare a temi più concreti e attuabili, come la necessità di essere sostenibili nei paesi di produzione del caffè. Sul tavolo del confronto sono saliti diverse personalità di spicco nel mondo espresso. Chi ha usato un approccio universitario per analizzare meglio la situazione attraverso numeri e statistiche, chi invece ha portato i propri casi aziendali per mostrare come la circolarità dell’economia sembra essere una soluzione, a conti fatti, vincente. E poi ancora, l’incontro ha portato i partecipanti a parlare di sfide future, di progetti condivisi e di obiettivi comuni che uniscono tutti i soggetti della filiera, dal singolo coltivatore al pubblico che frequenta le caffetterie.
Il primo intervento della giornata ha visto protagoniste Valentina Bramanti e Sara Triachini, rispettivamente Sustainability Reporting & Strategy Manager at ALTIS e Ph.D student dell’Università Cattolica di Milano. Con diverse slide e grafici ci hanno mostrato il valore che la sostenibilità ha per le torrefazioni italiane. Attraverso un excursus fra le maggiori torrefazioni italiane e anche un’analisi approfondita fra quelli che sono i soggetti più piccoli operanti sul territorio, hanno dimostrato che la maggior parte delle realtà di business-coffee vede oggi la sostenibilità come un’opportunità di crescita.
Paesi di produzione del caffè: quanto sono sostenibili i commerci ad oggi? E come si può sensibilizzare di più il pubblico riguardo al tema?
Valentina Bramanti: “I commerci che riguardano il caffè oggi sono molto complessi. Riguardano tutti gli operatori del settore, nessuno escluso. Certo è, che la sostenibilità ha un costo. E le singole imprese oggi fanno fatica a sostenere da soli il bisogno di sostenibilità che il pianeta richiede […] sebbene la sostenibilità deve essere un valore condiviso e uno strumento per tutte le torrefazioni, la strada è ancora lunga per creare una coscienza collettiva che veda nella sostenibilità l’unica strada possibile da seguire”.
Quanto è “economico” essere sostenibili oggi, in Italia?
Sara Triachini: “Questa è una domanda difficile. Siccome essere al 100% sostenibili è un processo lungo, laborioso e diversificato da azienda a azienda, non c’è una risposta valida per tutti. Per molti colossi del mondo espresso è sicuramente più facile, perché hanno tutti gli strumenti per essere sostenibili non solo nel Paese di produzione, ma anche nel Paese da dove esportano. […] come diceva la mia collega e dottoressa Bramanti, essere sostenibili è un costo. Io penso che in Italia, nonostante gli enormi passi avanti fatti negli ultimi anni, sia un dispendio di energie, tempo e denaro ancora troppo alto. Ma necessario”.
La filiera del caffè ha dovuto giustamente adattarsi per rendersi promotrice del cambiamento sostenibile che stiamo vivendo nel mondo. Da ormai più di un decennio molte aziende e torrefazioni sono riuscite a portarsi avanti e precedere i cambiamenti del settore, facendo anche gioco-forza sull’’importazione di un caffè equo e solidale. In poche parole, molti colossi italiani del caffè si sono già fatti pionieri contro lo sfruttamento del territorio di coltivazione del caffè, nonché delle migliaia di persone che vi lavorano. Accettare lo sfruttamento è già di per sé inammissibile, essere anche la causa scatenante è una macchia indelebile sulla coscienza di ogni torrefattore. A riguardo, abbiamo chiesto un approfondimento a Carlotta Trombetta, Responsabile Qualità di Costaoro.
Qual è l’ostacolo più duro da superare quando si tratta di rendere le torrefazioni 100% sostenibili?
Carlotta Trombetta: “Sicuramente lo scoglio più duro da abbattere è la convinzione che essere sostenibili sia, comunque la si guardi, un’azione in perdita. Perdita di denaro e di tempo. Quello che invece tutte le aziende e le torrefazioni dovrebbero considerare è che la sostenibilità deve essere vista come un’opportunità di crescita. Crescita di business, crescita professionale ma anche crescita personale. Una torrefazione che oggi non ha nemmeno iniziato un percorso volto alla sostenibilità rischia di non avere una vita lunga davanti a sé”.
Sul finire della giornata l’incontro si è fatto più intenso perché si è affrontato un argomento tanto importante quanto delicato. Il caffè viene coltivato principalmente in Paesi di produzione che sia per distanza geografica, sia per radici culturali, sono molto lontani da noi. La sostenibilità deve partire proprio da laggiù. Se il Paese di produzione non riesce ad essere sostenibile per il territorio e per le persone che lavorano nella filiera, non riuscirà nemmeno ad esserlo il commercio e il consumo che avviene qui in Italia. Certo, nei Paesi di produzione è molto difficile far passare questo concetto, soprattutto nei Paesi che sono ancora in via di sviluppo e che arrancano dietro alla modernità accelerata dei Paesi già sviluppati. Abbiamo chiesto qualche parola a Marta Schiraldi Head of Sustainabity and SHE Nestle Group italy.
Quando si parla di sostenibilità nel settore caffè, si tende a far cadere tutto il peso e la responsabilità di una questione tanto complessa quanto urgente all’anello più debole della filiera, quello dei Paesi di produzione. Cosa possono fare invece e cosa stanno facendo le nostre aziende (nel settore macchine e nella torrefazione) per ridurre il loro impatto ed essere più sostenibili?
Marta Schiraldi:”Questo è vero. Abbiamo l’antipatica e distruttiva tendenza a far ricadere la responsabilità su chi dipende al 100% da noi per quanto riguarda il commercio, quando dovremmo essere noi in primo luogo a renderci disponibili per un supporto sostenibile e una sensibilizzazione più coinvolgente. Ridurre il nostro impatto è già nostra prerogativa da molto tempo, perché vogliamo che la produzione del caffè passi attraverso quei valori e quegli obiettivi che ci rendono umani consapevoli di far parte di un grande ecosistema. Il primo passo per rendere la propria torrefazione più sostenibile è assicurarsi di compiere tutti quei procedimenti che rendono il terreno fertile ma non sfruttato, e i guadagni per le persone che lavorano equi e rispettosi della dignità del singolo […] noi ci impegniamo quotidianamente nella battaglia verso una sostenibilità integrata. Entro il 2050 vogliamo che il 50% del caffè coltivato per noi nasca grazie all’agricoltura rigenerativa. Lo renderemo possibile”.