Editoriale

Non ci sono più le mezze stagioni…e neppure i mezzi per gli stagionali

La stagione estiva è alle porte e con essa si avvicina il momento della ripartenza della stagione turistica. Una stagione che rappresenta un'importante fonte di lavoro per il settore della ristorazione e dell'ospitalità, ma che negli ultimi anni sta mettendo in luce un problema che sembra essere sempre più acuto: la situazione dei lavoratori stagionali.

Gli stagionali sono i lavoratori che vengono assunti per un periodo piuttosto limitato, che in molti casi va da maggio a settembre, ma che in realtà può variare in base alle diverse località turistiche. Sono persone che si spostano a una località turistica vicina per trovare lavoro, che tradizionalmente rappresentava una buona opportunità per fare esperienza in qualche luogo esclusivo, per mettere da parte un buon gruzzoletto in un lasso di tempo più ristretto o per una prima attività lavorativa a contatto con la gente e con altri giovani della propria età. Già, perché normalmente gli stagionali sono quei giovani che vogliono farsi un’esperienza lontano da casa e, perché no, comprarsi qualche sfizio. Ai miei tempi si metteva qualche soldo da parte per comprare la vespa o, i più fortunati, la prima macchina scassata. Questo succedeva fino a qualche anno fa, perché oggigiorno gli stagionali spesso si trovano ad affrontare condizioni precarie, paghe ristrette e situazioni lavorative al limite dello sfruttamento.

Analizziamo la questione da entrambi i lati

Da una parte ci sono i lavoratori, il cui problema principale riguarda le condizioni contrattuali. Gli stagionali vengono spesso assunti (se sono fortunati) con contratti molto “particolari” e spesso con pochissime garanzie. Non è comunque solo una questione di contratti precari. Gli stagionali sono spesso costretti a lavorare con turni massacranti, senza giorni di riposo, senza ferie e senza la garanzia di una retribuzione adeguata.

Questo significa che, da un lato non c’è grandissima motivazione per essere assunti, dall’altro, che anche qualora si decida di accettare le condizioni proposte, le mansioni svolte inevitabilmente sono proporzionate a quanto viene offerto. Dalle mie parte c’è un detto popolare che dice: “poco paghi, poco avrai” (poco ti paghi, poco ti ga, letteralmente)

Inoltre, negli ultimi anni si è assistito a un’ulteriore difficoltà per gli stagionali, ovvero la carenza di alloggi a prezzi accessibili. In molte località turistiche i prezzi degli affitti sono diventati proibitivi, rendendo difficile per i lavoratori stagionali trovare un alloggio dignitoso e accessibile. Chi suggerisce a questi di fare “come facevano loro”, ovvero i pendolari da casa, o non ha mai fatto un lavoretto stagionale o si dimentica lo spirito con cui lo si fa. Lo si fa, appunto, con lo spirito con cui si fa un Erasmus, si lavora e, in questo caso, si studia certo, ma è più l’esperienza che solo a 20 anni puoi fare, a rendere tutto più suggestivo. Rinunciando anche a guadagnare cifre importanti, ma l’esperienza deve poter lasciare un segno, e magari delle amicizie, indelebile nel tempo.

Se devo fare lo schiavo, sottopagato e pure maltrattato, vado a fare altro…è una legge naturale, non indolenza.

Ora vediamo però il punto di vista dei titolari delle attività che, per far fronte alla richiesta di lavoro della stagione, sono spesso costretti a far di necessità virtù. Questo significa anche non aver scelta rispetto alle condizioni contrattuali e lavorative da proporre, anche chi è disposto a venire incontro alle esigenze degli stagionali, si ritrova suo malgrado a non poterlo fare. Di fatto i titolari sono coloro che meglio di ogni altro conoscono la realtà dei fatti con cui si devono scontrare. Difficilmente infatti li sentirete puntare il dito sui lavoratori o la pigrizia delle nuove generazioni, perché in buona parte dei casi, loro stessi hanno iniziato ad appassionarsi all’attività di ristorazione da stagionali. Poi, con tanto sacrificio, duro lavoro e magari un po’ di fortuna, qualcuno è riuscito a ricavarsi un’attività propria. Chi invece dà lezioni sull’argomento è, come spesso capita in situazioni come questa, chi non ci ha mai messo un unghia o chi…è nato fortunato.

Chi si è fatto l’esperienza da stagionale sa cosa significa e sa che a dei ragazzi di 18/20 anni, più di tanto non si può chiedere, perché hanno altro per la testa, come è giusto che sia.

Quindi di chi è la colpa?

All’interno di questa situazione in vecchio giochino del divide et impera ha lo scopo di confondere le idee su chi sia il vero responsabile: la politica. Non si tratta del solito piagnisteo contro il governo di turno, ben inteso, ma si riferisce al fallimento dell’intera classe dirigente degli ultimi 30 anni (almeno) che a furia di tagli e riduzioni (agli altri) ci vede ora in questa situazione. Non sarebbe così se i lavoratori stagionali non fossero costretti ad andare a cercare condizioni migliori all’estero, che dite? In una delle mete estive più ambite per i turisti, può esser possibile che chi cerca lavoro debba andare all’estero? La domanda è puramente retorica.

Di fatto, sono sempre più diffuse le emigrazioni stagionali, che fanno forse meno notizia di quelle clandestine, ma che sono una realtà di fatto. Con un tasso di disoccupazione sempre più un crescita, che ora va a braccetto anche con un’inflazione galoppante la situazione non può più essere ignorata. È necessario che le istituzioni, anziché bisticciare su questioni marginali, loro sì come ragazzetti viziati, si impegnino per trovare soluzioni concrete e durature, che garantiscano condizioni di lavoro dignitose da una parte e una tassazione più sostenibile.

Solo in questo modo si potrà garantire un futuro sostenibile e dignitoso per il settore della ristorazione e dell’ospitalità, senza dimenticare chi ogni anno contribuisce a rendere possibile la magia delle vacanze estive.

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