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I cambiamenti climatici rischiano di mettere a rischio anche il caffè

Secondo un rapporto del Christian Aid, il cambiamento climatico ridurrà di oltre il 54,4% la superficie di terra adatta alla coltivazione del caffè entro il 2100. Questa minaccia riguarda l’intera industria del caffè e in particolar modo le popolazioni africane.

Yitna Tekaligne, responsabile dell’ente di beneficenza in Etiopia menzionato nel rapporto, ha sottolineato questo: “Nonostante gli africani rappresentino solo il 17% della popolazione mondiale, contribuiamo solo per il 4% delle emissioni di gas serra che hanno causato la crisi climatica. Nonostante ciò, siamo tra coloro che subiscono gli impatti più gravi di questo cambiamento”.

Tekaligne ha continuato a dire: “Il caffè è la principale merce esportata dell’Etiopia e genera un numero significativo di posti di lavoro. Ora però è seriamente minacciato dai cambiamenti climatici”. L’impatto del cambiamento climatico sulla produzione di caffè è già evidente, come dimostrato dagli elevati livelli di malattie che impattano delle foglie delle piante di caffè, con effetti devstanti in molte zone produttrici del mondo negli ultimi 10 anni.

David Taylor, responsabile delle politiche presso la Fairtrade Foundation, ha affermato: “Questo rapporto del Christian Aid mette in luce ciò che i coltivatori di caffè Fairtrade ci stanno dicendo da tempo: le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico mettono a rischio non solo i loro mezzi di sussistenza, ma anche il futuro di questa coltura. Le comunità agricole svolgono un ruolo fondamentale nell’affrontare la crisi climatica e hanno le competenze necessarie per farlo”.

Tuttavia, molti piccoli coltivatori di caffè, in particolare quelli che non beneficiano delle protezioni finanziarie offerte dalla Fairtrade, semplicemente non possono permettersi di far fronte ai cambiamenti climatici, a causa dei bassi prezzi che ricevono per i loro prodotti. Ciò è particolarmente vero nei paesi in via di sviluppo, dove gli agricoltori spesso ricevono un compenso insufficiente per i loro prodotti e gli effetti si fanno sentire in modo più acuto.



Che soluzioni possono essere adottate?

Il mondo dovrà ridurre la sua dipendenza dal caffè, oppure trovare delle soluzioni in tempi rapidi, come già affermato durante il World Producers Forum di Kigali da molte associazioni di produttori mondiali. Sono infatti molti i Pasesi in cui gli agricoltori dipendono enormemente dal caffè per il loro sostentamento come ad esempio il Brasile, l’Etiopia, il Vietnam e la Colombia, che rientrano tra l’altro tra i principali produttori di questo prodotto.

Brasile e Vietnam forniscono più della metà del caffè consumato nel mondo ed entrambi i Paesi stanno subendo gli impatti più significativi. Il Vietnam ha registrato temperature record di oltre 44ºC all’inizio di questo mese, mentre gli esperti di clima avvertono che tali condizioni meteorologiche estreme sono probabilmente destinate a proseguire.

Christian Aid afferma che sarebbe ora che le nazioni ricche inizino a sostenere gli agricoltori delle nazioni più povere colpite dal cambiamento climatico. Con eventi meteorologici estremi e catastrofi naturali sempre più frequenti, i coltivatori di caffè e gli agricoltori in generale diventano sempre più vulnerabili.

“La nostra esperienza recente ci dimostra che, in un anno in cui le piogge stagionali sono state scarse o inesistenti, anche la fioritura del caffè è stata estremamente ridotta”, afferma Mackson Ng’ambi, CEO della Mzuzu Coffee Cooperative in Malawi. “Questo è ormai un evento piuttosto frequente negli ultimi anni”.

Christian Aid ha quindi calcolato che queste condizioni ridurranno del 54,5% la quantità di terreno adatto alla coltivazione del caffè. Ciò accadrà anche se l’aumento della temperatura globale dovesse rimanere entro l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di non superare 1,5-2ºC rispetto ai livelli preindustriali.

Come se non bastasse, la stessa produzione di caffè contribuisce inoltre ad inasprrire questa crisi. Secondo ricercatori dell’University College London (UCL), la coltivazione di un chilogrammo di caffè può generare emissioni di gas serra equivalenti a 15,33 kg di anidride carbonica.

Cambiare il modo in cui il caffè viene coltivato, trasportato e consumato potrebbe ridurre significativamente l’impatto che esso ha sull’ambiente.

Nel suo rapporto, Christian Aid chiede ai governi europei di incrementare il finanziamento nei Paesi più colpiti dall’inasprimento del clima e di cancellare i debiti storici delle nazioni in via di sviluppo, anziché produrre nuove legislazioni che fanno ricadere tutto il peso finanziario sulle spalle dei coltivatori.

“Per affrontare le cause profonde del problema, i Paesi dell’Occidente devono mantenere le loro promesse e finanziare il supporto agli agricoltori nei paesi più poveri, per aiutarli a supportare colture resilienti al clima e diversificare le fonti di reddito”, afferma Patrick Patrick Watt, direttore esecutivo di Christian Aid. “L’annullamento degli insostenibili debiti detenuti da molti Paesi produttori di caffè libererebbe ulteriori risorse per affrontare il cambiamento climatico e la povertà”.



Che impatto avrà tutto ciò sui prezzi finali?

Le temperature in aumento avranno probabilmente un impatto sul prezzo del caffè nei prossimi anni. Mackson Ng’ambi aggiunge ancora che i costi crescenti dovrebbero già ora essere trasferiti ai consumatori finali.

“Nella formualzione dei prezzi del caffè a livello globale, si dovrebbe considerare che gli agricoltori stanno facendo maggiori sforzi per mantenere un terreno coltivato e ciò comporta inevitabilmente un aumento dei costi di produzione”, afferma Mackson. “Se ciò non viene riconosciuto o si riflette nei prezzi finali, purtroppo la maggior parte dei coltivatori abbandonerà i campi. C’è inoltre la necessità di finanziamenti diretti che beneficerebbero i piccoli coltivatori di caffè, come l’accesso a finanziamenti a basso interesse, che attualmente non sono disponibili”

Se non si fa nulla, tra pochi anni potremmo dimenticarci del caffè