Attualità

Il rito del caffè espresso italiano non passa la candidatura UNESCO 

Intervista ad alcuni personaggi illustri del mondo del caffè sull’evolversi della candidatura del caffè espresso quale patrimonio immateriale dell’umanità.

É di qualche mese  fa la notizia che il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida ed il ministro della cultura Gennaro San Giuliano hanno lanciato la candidatura UNESCO della cucina Italiana

“Cucina italiana significa promuovere l’idea di qualità della vita e del vivere italiano che è fatto di arte, di cultura, di paesaggi, di monumenti ma anche di esperienze” ha dichiarato il ministro Sangiuliano

Vogliamo rilanciare la nostra Italia nel mondo, valorizzando quel patrimonio che abbiamo in tutti i settori”  ha dichiarato invece  Lollobrigida. 

Ebbene, vogliamo valorizzare, raccontare, e difendere le nostre eccellenze e non una bevanda di invenzione italiana e diffusa in tutto il mondo grazie a noi come il caffè espresso? 

Tornando indietro vi ricordo che la campagna per candidare il caffè espresso italiano, a patrimonio immateriale dell’UNESCO era partita nel 2020 vedendo allineate in opposizione, Venezia e Napoli. Ma ultimamente nel marzo del 2022 le due candidature si sono unite con la voglia di far valere una tradizione tutta italiana, fatta di arte, rito, socialità e tradizione. La ricetta per preparare il caffè espresso italiano viene portata avanti da generazioni di torrefattori e maestri caffettieri. 


É un rito quotidiano irrinunciabile che fa parte della nostra comunità, inclusivo democratico che ci permette di condividere momenti belli e brutti con amici, colleghi familiari, davanti ad un caffè si concludono accordi di lavoro, si scrivono opere letterarie, musicali e si portano avanti i nostri progetti di vita. Il caffè ha ispirato letterati, poeti musicisti, manager e imprenditori. 


Ufficializzare il rito del caffè rendendolo patrimonio immateriale dell’UNESCO significa mantenerlo vivo, in quanto il caffè espresso è una delle più grandi invenzioni al mondo se pensiamo poi alla sua diffusione. 

La prima macchina del caffè espresso è stata progettata nel 1884 dal torinese Angelo Moriondo, ma il merito di aver industrializzato la macchina del caffè si deve a Luigi Bezzera, che ottenne il primo brevetto su una macchina che è molto simile a quelle che poi ebbero grande diffusione grazie ad un altro pioniere dell’epoca Desiderio Pavoni. Quest’ultimo intuì la grande potenzialità che poteva avere l’espresso e ne sviluppò la commercializzazione nei locali pubblici. 

Proprio per questo siamo andati a chiedere opinioni ad alcuni personaggi illustri del mondo del caffè, primo fra tutti Fabrizio Polojaz presidente dell’Associazione Caffè Trieste

Quando parliamo di Unesco, parliamo di rito ed arte dell’espresso italiano. è quella  porziuncola di giornata che una o più volte dedichiamo alla preparazione e/o al consumo del caffè espresso. un momento che può essere intimo o sociale, ma che fa comunque parte del modo di vivere italiano.   È un rito che abbiamo condiviso con altri, ed è stato accettato globalmente come una delle caratteristiche del lifestyle italiano. L’inventiva italiana ha portato allo sviluppo di una tecnologia che possa trasformare dei semi tostati un un estratto aromatico, piacevole e corroborante, ma ne ha anche fatto un compagno nelle proprie attività quotidiane e nella comunicazione con gli altri, nella sua ripetitività un rito e nella sua utilità un’arte.

Credo sia importante definire in questo modo la paternità dell’espresso, anche a fronte di “innumerevoli tentativi di imitazione”.

E per questo che come Associazione Caffè Trieste siamo membri del consorzio fondato proprio per propugnarne la causa e che personalmente mi sono messo a disposizione sia come riferimento per la comunità emblematica triestina e per gli Organi del Consorzio.

Reputo infatti la mia entrata nel Direttivo e nel comitato Scientifico del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale un riconoscimento all’intero distretto giuliano del settore.

Certamente pensiamo di ripresentare la domanda, magari chiarendo prima l’entità degli ostacoli che si sono posti sul nostro cammino. Un cammino, ricordo, lungo e travagliato, dove il Presidente Caballini ha risolto egregiamente diversi ostacoli che in quel momento sembravano insormontabili. Non ultimo la candidatura de “Il caffè napoletano fra rito e socialità” presentata nel 2019 dalla Comunità emblematica napoletana: con un grande lavoro di diplomazia è riuscito a trasformare un concorrente in un prezioso componente della candidatura originaria.

Certamente la consapevolezza di essere i portatori di un “patrimonio dell’umanità” fa bene alla propria autostima, che da auspico si trasformi un una maggiore attenzione da parte del consumatore su quello che degusta e da parte del barista su cosa e come si va a proporre al cliente finale. 

Chiediamo a Omar Zidarich, presidente del Gruppo Torrefattori Italiano

La candidatura del caffè espresso l’abbiamo presentata la prima volta l’anno scorso ma è stato scelto di far passare l’opera lirica in quanto il governo era un pò caldeggiato dal problema della guerra Russo – Ucraina, per l’abbattimento del teatro a Mariupol in Ucraina. I termini dell’opera lirica sono italiani in tutto il mondo quindi non c’è assolutamente uno spirito di concorrenza con l’opera lirica, in quanto è una forma d’arte che rappresenta l’Italia in tutto il mondo. 

Il significato che ha per me la candidatura, è un significato puramente ideologico e di spirito per quanto riguarda la cultura italiana nel mondo, ricordiamoci che parlare di espresso vuol dire parlare non solo di caffè ma di convivialità e di socialità. Ricordiamo che in realtà è un rito bere l’espresso, poi noi candidiamo il rito dell’espresso non solo la bevanda ma tutto quello che c’è attorno all’espresso, quindi soprattutto la convivialità. 

Nelle sedi istituzionali governative e nella sede del ministero di competenza per la candidatura dell’UNESCO abbiamo ricevuto i complimenti per il lavoro svolto e soprattutto per un cortometraggio che era stato realizzato per  divulgare la richiesta di candidatura, in quanto rispecchiava in pieno la cultura italiana caffeicola nel mondo.

I benefici che apporterà la candidatura, al settore sono benefici puramente di immagine per il  comparto caffeicolo, ma a livello economico non avremmo benefici, in quanto difendere un rito vuol dire difendere il savoir faire italiano nel mondo e difendere tutto quello che è il lavoro del torrefattore, perchè il rito dell’espresso è semplicemente un sottoprodotto che viene creato dai torrefattori. Noi torrefattori facciamo un sottoprodotto che poi viene valorizzato grazie alla maestria dei nostri bar e dei nostri baristi e dell’ingegneria italiana delle macchina espresso che all’interno del gruppo italiano Torrefattori sono soci sostenitori. 

La candidatura fa si che ci sia un coronamento per tutto il lavoro che c’è a monte dell’espresso e del rito del caffè.