Il mondo della somministrazione del caffè ha, in Italia, una storia molto lunga. È grazie ai baristi di fine dell’800 che oggi noi beneficiamo della bevanda espresso. Infatti all’epoca i baristi necessitavano di un nuovo metodo e una nuova macchina per la preparazione del caffè, una nuova tecnologia che gli permettesse di erogare la bevanda al momento, all’ordine del cliente, in un tempo breve. Grazie a questa stimolo l’industria dell’epoca inventò e iniziò a produrre le macchine espresso a vapore, una nuova tecnologia che permetteva di preparare “espressamente” una bevanda a base di caffè.

Nel corso dei decenni e per tutto il XX secolo il bar ha prosperato e si è evoluto pian piano da caffetteria a un locale di somministrazione in grado di soddisfare le richieste dei clienti, dal primo mattino fino alla sera tardi. Il bar, quindi, non è più una caffetteria ma è un locale dove al mattino si servono le colazioni, a metà giornata si preparano dei piatti veloci per la pausa pranzo, nel tardo pomeriggio si preparano aperitivi con una mini proposta di snack e la sera si offrono cocktail alcolici. In tutta questa molteplicità di prodotti offerti il focus sul caffè si è perso e la caffetteria ha iniziato a involvere e a limitarsi di offrire un espresso di un solo marchio di torrefazione a un solo prezzo.
In questo contesto, se il gestore del bar facesse un attento calcolo del food cost degli espressi venduti a 1 euro, facilmente si accorgerebbe che a fine mese il guadagno netto è davvero pochissimo. In queste condizioni l’espresso è spesso venduto nei bar quale prodotto “sottocosto” con ormai l’obsoleta idea che i clienti vengano attirati dal caffè e quando entrati nel locale aggiungano altre consumazioni per alzare il costo medio dello scontrino. Questo approccio miope e la poca conoscenza sul caffè del gestore ha fatto si che la professione del barista si sia, nel corso del tempo, sminuita tanto che spesso è ritenuto un lavoro per i giovani che hanno bisogno di un’entrata per mantenersi agli studi e per tutti coloro che non hanno l’inclinazione allo studio.
Il lavoro del barista è impegnativo, sveglia presto al mattino, sempre con il sorriso per accogliere i clienti, erogare centinaia di espressi, occuparsi della pulizia delle stoviglie e dell’attrezzatura dell’espresso assieme ad altre decine di competenze per vendere tutti gli altri prodotti. In tutto questo lo stipendio offerto è generalmente basso e in taluni casi i contratti sono non adeguati alla mansione. Il periodo del Covid ha, inoltre, interrotto una spirale perversa che vedeva impiegati nel mondo della somministrazione una moltitudine di ragazzi e operatori che nei due anni di sostanziale inattività hanno ripiegato su altri lavori, più soddisfacenti e meglio pagati. Ecco che in questo periodo si fa sentire nel settore bar e della ristorazione la mancanza di personale da assumere.
Di fronte a questo periodo difficile è proprio adesso giunto il momento per un cambio di rotta radicale, un cambiamento che deve interessare tutto il settore della somministrazione! È decisamente tramontata l’epoca della regola dell’1, ovvero di 1 unico brand, di 1 unico prodotto e di un 1 unico prezzo, 1 euro.
Il caffè proviene da una filiera così complessa e lunga che, per esempio, non ha nulla da invidiare a quella del vino. Il caffè è prodotto in più di 50 paesi, è diviso in due specie botaniche e centinaia di varietà, è lavorato con metodi e condizioni di terroir differenti, è tostato in migliaia di modi diversi e può essere erogato con decine di metodi di estrazione, all’interno del chicco durante la tostatura sono prodotti oltre 2000 composti chimici di cui la maggior parte sono aromi! Tutta questa ricchezza e diversità non vogliamo elevarle a condizione migliore e iniziare a offrire prodotti differenziati a prezzi di differenti? Una semplice notazione dovrebbe far riflettere i baristi: nel bar il cliente è abituato a pagare i prodotti soprattutto in base a due caratteristiche, volume o peso e tempo che quel prodotto, durante il suo consumo, permette al cliente di rimanere nel locale.
Oggi il barista offre solamente l’espresso che significa un brevissimo tempo di erogazione (25 secondi), una bevanda ristrettissima (25 ml) che va bevuta in un tempo breve (1-2 min), il tutto a un prezzo basso. Ma perché non si inizia a proporre ai clienti una bevanda al caffè con una bevuta più lunga? Per esempio il caffè filtro, già preparato in un termos richiede un’erogazione di 4-6 min, la bevanda è più voluminosa (180-220 ml) e va consumata in un tempo più lungo (10-15 min). In pratica il caffè filtro è un’alternativa ai succhi di frutta, ai te o alle tisane che il cliente è già predisposto a pagare di più.
Per non parlare dei mesi estivi in cui l’offerta di un caffè freddo preparato in cold brew potrebbe riscuotere un grande successo! Iniziamo quindi a far assaggiare e a offrire ai clienti caffè differenti con prezzi che possono tranquillamente raggiungere i 4-5 euro la tazza!

Con questo semplice e banale riflessione abbiamo già risollevato il fatturato medio della caffetteria. Se i ricavi della caffetteria aumentano, aumenterà anche lo stipendio del barista che in questo caso dovrà essere formato e preparato, dovrà saper spiegare le bevande e scegliere il caffè migliore per i singoli metodi di preparazione.

Il mondo dei bar è fatto di persone, chi sta dietro al banco come il gestore del locale e il barista e dall’altra parte i clienti. Se chi sta dietro al banco per primo inizia a offrire maggiore scelta, maggiore qualità con maggiore professionalità, i clienti non potranno che divertirsi a scegliere in un menu più ampio e accettare l’aumento dei prezzi perchè questo si ripercuote su prodotti differenti e un maggiore servizio offerto.