Credo che il mondo della degustazione del caffè abbia molto da imparare dal mondo del vino. In maniera macroscopica, insieme ad Andrej Godina, abbiamo provato ad approfondire il legame e la distanza tra questi due mondi nel Docu-Film “Caffè & Vino, due mondi un documentario”, che ha lasciato emergere tantissimi spunti di riflessione afferenti altrettanti ambiti (terroir, economia, tecniche di produzione, pairing, ecc.).
Nella sua complessità, oggi posso affermare che senza alcun dubbio questi due mondi si assomigliano tanto più che l’asticella della qualità va in alto, mentre sembrano disconoscersi ogni qual volta il caffè (e talvolta anche il vino) rimangono confinati nell’ambito della consuetudine sociale o gastronomica. In sostanza, quando subentrano valori di terroir, studio, trasformazione studiata, marketing e formazione, allora le due bevande trovano una forte convergenza.
Tuttavia, rimanendo nell’ambito della valutazione della qualità della bevanda, ritengo sia giunto il momento di mettersi alla prova e capire se e quanto il condizionamento giochi un ruolo determinante per chi ogni giorno assaggia e valuta la qualità del caffè.
Ed ecco cosa è successo al vino. Risale al 1976 il blind test in grado di cambiare per sempre la geografia del vino mondiale, quando i maggiori esperti di vino francesi, vennero chiamati a Parigi per assaggiare i grandi classici della produzione nazionale e alcune bottiglie appena arrivate dalla California, in particolare dall’allora sconosciuta Napa Valley. Lo scontro pareva impossibile e sbilanciato a favore dei fini di Francia.
L’idea della degustazione che metteva a confronto i colossi di Bordeaux e Borgogna con alcune neonate cantine californiane venne al commerciante di vino britannico Steven Spurrier, titolare di un’enoteca parigina. Spurrier coinvolse Patricia Gastaud-Gallagher, una sua collega statunitense, ed insieme decisero di visitare le nuove aziende vitivinicole che stavano cominciando a lavorare bene in California. Nacque così l’idea della degustazione.
La degustazione si sarebbe svolta all’Intercontinental Hotel , dove i nove giudici, tutti francesi, includevano nomi come Odette Khan, direttrice di una nota rivista di vini, e Aubert de Villaine, il direttore del Domaine de la Romanée-Conti, una tenuta borgognona che produce alcuni dei più costosi vini al mondo. Per mettere alla prova i vini californiani Spurrier scelse dalla sua cantina i quattro migliori vini bianchi della Borgogna e le quattro migliori miscele bordolesi rosse, e per rendere le cose più interessanti all’ultimo momento decise di coprire tutte le etichette. Tra i vini francesi scelti da Spurrier figuravano, tra gli altri, un Batard-Montrachet, uno Chateau Mouton-Rothschild e uno Chateau Haut-Brion – in pratica i mostri sacri dell’enologia. Le offerte californiane, dodici in tutto, comprendevano bottiglie di Ridge Vineyards, Freemark Abbey, Spring Mountain, Stag’s Leap Wine Cellars e Chateau Montelena, sostanzialmente sconosciute nel vecchio continente.

Quella mattina all’Hotel era presente un giornalista, George Taber, cui era stata fornita la scheda con l’ordine di degustazione, insomma, lui sapeva i nomi dei vini che venivano serviti via via agli esperti giudici e ben presto si accorse che la faccenda rischiava di diventare epica, quando uno dei degustatori assaporando un bianco proclamò tracotante: “Questa deve essere sicuramente la California. Nulla al naso”. Il tutto mentre assaggiava il Batard-Montrachet, uno Chardonnay di Borgogna spesso classificato tra i migliori bianchi del mondo.
I vini californiani ottennero risultati strepitosi, vincendo in entrambe le categorie, mentre i leggendari nettari di Borgogna e di Bordeaux mangiavano la loro polvere. George Taber, il giornalista di cui sopra, scrivendo qualche giorno dopo su Time annotò come “l’impensabile accadde” e battezzò quel giorno “Il giudizio di Parigi” – il nome con cui sarebbe stato destinato a essere poi ricordato.
Nel mondo del caffè la coscienza gustativa è sicuramente molto meno sviluppata, finanche negli assaggiatori più avvezzi, e ciò a causa della poca rilevanza che il sistema economico riconosce alla figura professionale dell’assaggiatore. Tuttavia, anche chi assaggia caffè subisce un condizionamento diretto ed indiretto. Si viene condizionati dai marchi, dalle linee di prodotto (premium o commerciali), dalla specie botanica, dall’etichetta, dal fatto che un caffè venga classificato specialty, dalle certificazioni, e finanche dall’imballaggio e dal colore di tostatura. Solo per citare alcune cause.
Durante l’ultimo anno, grazie al fatto di aver partecipato a tantissimi panel di degustazione per il Camaleonte, ho avuto modo di sperimentare su di me il condizionamento, mettendo me stesso alla prova con assaggi blind e non blind, per poter esser certo che il condizionamento, anche in un assaggiatore esperto, gioca un ruolo chiave sul suo giudizio finale su un prodotto.
Ebbene, assaggiando lo stesso caffè, spesso, il risultato finale (quindi il giudizio complessivo più di ogni altra cosa, il valore percepito) era sensibilmente diverso. Non scopriamo certo oggi questa “falla” del comportamento umano, ma anzi gli studi sensoriali ci confermano da anni l’importanza di un giudizio quanto meno condizionato possibile.
Orbene, al di la dei laboratori, al di la degli assaggi tecnici ed oltre le recensioni forbite, credo che anche il mondo del caffè avrebbe oggi bisogno di quante più momenti di degustazione possibili. Non mi riferisco solo agli esperti ma anche alla gente comune. Assaggiare aiuta a capire, ad avvicinarsi al prodotto, a coglierne le differenze. In questo modo si andrebbe a valorizzare il contenuto sensoriale di ogni caffè, la sua matrice, l’identità di ogni referenza.
Quanto ai super esperti, mi piacerebbe prendere spunto da Spurrier, per mettere a confronto alla cieca caffè di zone del mondo più e meno blasonate, la specie arabica e la robusta, inserendo magari qualche decaffeinato, ed invitare la giuria ad esprimere il proprio giudizio incondizionato.
Potrebbe svelarci a che punto è arrivato il mondo del caffè, potrebbe dar luogo a una nuova rivoluzione.