Per vantaggio competitivo s’intendono tutti quegli elementi di un’azienda, di un produttore o di una realtà lavorativa che creano valore aggiunto al prodotto e differenziano la loro offerta da quella di altri produttori. Sembra un traguardo semplice da raggiungere ma, come vedremo, lungo la filiera del caffè niente è così rapido ed elementare. Prendiamo per esempio lo stato del Kenya, grande terra africana protagonista di una transizione economica che, da almeno vent’anni, ha dato origine a un Paese ricco, fertile ed eterogeneo in termini di risorse naturali e varietà di caffè coltivate.
Il caffè in Kenya: tra caffè pregiato e grandi Corporations
Una delle risorse che più riconosciamo al Kenya è la produzione di un caffè molto pregiato, l’arabica. È una delle risorse naturali più richieste e apprezzate e da solo, garantisce all’intero paese un’entrata economica importante. Però, il caffè locale keniota non ha un grande vantaggio competitivo. Analizzando a fondo i motivi di questo mancato vantaggio, troviamo in primo luogo un fattore puramente economico. Anche se il caffè di tipo Arabica costituisce il 99% della totalità del caffè coltivato in Kenya, non gode di una vera e propria differenziazione in termini di prezzo. Comparato ad altre tipologie di caffè coltivate tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno, il caffè keniota è coltivato con tecniche produttive inefficienti, attraverso infrastrutture non adatte e, più in generale, da produttori che sono impossibilitati a tracciare il prodotto e quindi a fornire dati e informazioni sulle tecniche produttive delle loro coltivazioni. Questo, in un Paese che deve una buona fetta della sua economia interna al caffè, è certamente una grave lacuna.
Ma gli strumenti obsoleti e insufficienti dei produttori locali sono solo una piccola parte dei problemi legati al mancato vantaggio competitivo del caffè in Kenya. Il reale motivo è da ricercare nel sistema di commercializzazione. Nel 2023 il mercato keniota è totalmente nelle mani di poche, grandi corporation che, tramite possesso diretto degli impianti di macinazione, controllano l’intera catena del prodotto, e quindi l’intera filiera. Da quando il chicco di caffè appena tostato lascia la cooperativa, fino alla macinatura e poi nella tazza per il consumo finale, è totalmente sotto il controllo di grandi business aziendali che, per dirla chiaramente, gestiscono le attività in maniera assolutamente arbitraria. Per esempio, se una piccola cooperativa si affida a una di queste corporation per poter collocare il proprio prodotto, è poi la grande azienda a imporre un prezzo e un valore a quel prodotto. E il prezzo rischia spesso di non coprire neppure il costo di produzione.
E4Impact Foundation lavora per una filiera più equa
In questo contesto di fretta e iniquità, il lavoro di ventuno cooperative distribuite in sette regioni produttive è destramente importante. Il progetto è nato nel 2021 da parte dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e si chiama “progetto triennale Arabika”. All’impresa si affiancano anche E4Impact Foundation – un’impresa sociale che supporta l’avvio e la crescita di nuovi business in Africa -, il governo keniota e le onlus Avsi e Cefa. E4Impact è lo spin-off di Altis, la Scuola d’Impresa che forma le nuove generazioni d’imprenditori ad avere un forte impatto socio-economico in Africa.
Il punto di partenza del progetto è quello di trasmettere ai coltivatori locali le competenze necessarie per valorizzare le potenzialità dei prodotti. La Fondazione ha di recente implementato una strategia di branding differenziata in base alle regioni produttive e, nell’immediato futuro, un traguardo da raggiungere sarà la creazione di una piattaforma digitale libera per tutti e in grado di raccogliere i dati quantitativi-qualitativi utili a tracciare i prodotti. In questo modo verrà data visibilità ai produttori, alle loro storie e ai territori kenioti. Il contributo finale che da qui in capo a dieci anni la Fondazione e tutti gli enti in collaborazione vogliono raggiungere, è la creazione di un mercato equo e solidale, in grado di offrire ai coltivatori la possibilità di vendere il caffè direttamente alla clientela presente sul mercato internazionale. In questo modo verrebbero “tagliate fuori” le costose dinamiche delle grandi Corporations e i singoli produttori potrebbero godere al 100% del ricavo delle loro coltivazioni.

E4Impact in Africa sta già portando a dei risultati tangibili
Il ruolo dei Centri Imprenditoriali di E4Impact cresce di anno in anno. Non solo la Fondazione ha l’obiettivo di formare i lavoratori in modo da poter essere attivi e competitivi sul mercato internazionali, ma anche di far sì che acquisiscano competenze e strumenti a loro preclusi fino a questo momento. Tramite la conoscenza e la consapevolezza delle potenzialità che i loro prodotti hanno sul territorio, sarà possibile per ogni singolo produttore o coltivatore chiedere il giusto valore e riconoscimento per il lavoro svolto. Oggi E4Impact è presente in otto Paesi africani, ognuno con il suo Centro imprenditoriale. Tunisia, Camerun Etiopia, Ghana, Kenya, Ruanda e Zimbabwe. Sono tutti Paesi con radici e popoli antichi, ma le cui storie, culture, religioni e lingue differenziano molto, non solo da Paese a Paese ma anche internamente. Eppure, i laboratori d’apprendimento e i Centri pionieri per lo sviluppo sperimentano ogni giorno iniziative volte alla crescita imprenditoriale dei singoli individui. In Kenya il progetto sta già portando ai risultati sperati. I piccoli coltivatori di caffè hanno, nel giro di pochi mesi, raddoppiato il volume della loro produzione e possono quindi accedere ai mercati europei, garantendosi quindi un aumento dei redditi e migliorando le proprie condizioni di vita.